Cassano: prendere o lasciare.
Quante volte abbiamo sentito questa formuletta, in realtà idiota e priva di significato, per definire il Peter Pan del calcio italiano?
Lunedi scorso, a “Che tempo che fa”, il Cassano personaggio (quello che se dice froci o cazzata è un istrione e uno fuori dal coro e non come imporrebbe il buon senso un maleducato che non riesce a capire nemmeno che è sconveniente dire parolacce in conferenza o in uno studio televisivo) ha conosciuto una nuova ribalta mediatica, grazie a quello che ormai è il suo agiografo ufficiale, vale a dire Fabio Fazio. Fazio ha forse sviluppato negli anni lo stesso difetto di Gianni Minà, cioè il piglio entusiasta ed assolutorio sempre e comunque con cui considera i personaggi che sente “suoi”; come Minà ha sempre fatto con Castro, Maradona e via celebrando, glorificando e soprattutto perdonando, anche quando quest’ultima operazione non era affatto giustificata dalla realtà delle cose. Quello che a noi proprio non è piaciuto e che continuerà a non piacere è l’esaltazione, in alcuni personaggi, di quelle attitudini o comportamenti che per il senso comune sono normalmente deprecabili e censurabili e che anzi dovrebbero cominciare ad essere trattati con maggiore rigore e severità. Cassano che in una conferenza stampa come quella dell’estate scorsa all’Europeo utilizza il termine froci augurandosi peraltro che nella selezione azzurra non ve ne fossero, non va trattato come uno che canta fuori dal coro e da catalogare sotto la dicitura “genio e sregolatezza”, ma semplicemente come un maleducato, per di più sprovveduto e neppure protetto quel tanto che basta da un ufficio stampa che doveva prevedere una domanda del genere. Così come, nel momento in cui Fazio pone la fondamentale domanda sul cambio di orecchini, una delle massime preoccupazioni del ceto medio italiano in questo periodo, rispondere “Forse ho fatto una cazzata” è indice più che altro della mancanza di quel minimo di buona creanza che imporrebbe in una prima serata televisiva di evitare parolacce, se non altro per non incoraggiarne l’uso nei tanti ragazzini interisti (ma anche milanisti incarogniti, sampdoriani nostalgici, romanisti disillusi e via dicendo) che in quel momento si stavano “godendo” uno dei loro idoli.
A proposito, perché non è stato approfondito quello scivolone sull’omofobia che ha giustamente indignato tanti italiani la scorsa estate?
Il buonista Fazio, normalizzatore supremo e creatore di atmosfere nelle quali chiunque, da Formigoni a Vendola, si sente a proprio agio perché sa che non verrà sfruculiato da domande scomode, gradirebbe che i propri figli prendessero spunto o si comportassero come suggeriscono gli atteggiamenti di Cassano, in campo e fuori? Non è una domanda fondamentale, capisco: è semplicemente fastidioso vedere che spesso il luogo comune del “personaggio fuori dal coro” (bisogna poi vedere quanto) crea una franchigia per comportamenti e modi di porsi che se li usasse il nostro macellaio andremmo immediatamente a comprare la carne da un altro.
C’è anche un po’ di rabbia in quanto stiamo precisando: come innamorati del calcio oltre che come tifosi della Roma, abbiamo voluto tanto bene al talento di Cassano, anche perché forse qui da noi (e anche alla Samp) ha fatto vedere le cose più belle e poteva tra l’altro far vedere e far vincere dieci volte di più se solo non fosse stato vittima della sua inadeguatezza e forse di troppa condiscendenza. Per chi in quegli anni ha avuto la fortuna di assistere qualche volta agli allenamenti a Trigoria, in quegli anni, è stato bello vedere quello che un talento cristallino consentiva di fare a Cassano con il pallone: a dieci anni di distanza siamo qui a stilare il bilancio della proporzione tra ciò che madre natura aveva messo a disposizione e ciò che la mancanza di buon senso ha dilapidato. Ecco perché porgere al pubblico Cassano in maniera ammiccante e buonista, cosa in cui Fazio è maestro, è irrealistico e anche altamente diseducativo, a nostro parere: il vero esempio che uno che ha superato i trent’anni e che ancora dice che non riesce a contare fino a dieci prima di agire starebbe proprio nel monito verso chi pensa che, in virtù di un qualche talento, tutto gli sia consentito e che quindi rischia di scoprire che ci si può svegliare scoprendo che tutto quello che poteva essere lo si è gettato al vento. Mancando nel frattempo di rispetto ad una serie di persone, come i presidenti Sensi e Garrone, ma questo a Fazio non piacerebbe sentirlo.
Paolo Marcacci