L’Aeroplanino non c’è più. Adesso, nel salottino essenziale, naturalmente viola, del centro sportivo della Fiorentina, c’è un uomo di 38 anni disposto a parlare di calcio con moderazione (di altro nemmeno a provarci), ma non a librarsi in volo verso territori sconosciuti. Menoche mai immaginari. Rifugge gli accrescitivi e i vezzeggiativi. Maneggia con cura tutto ciò che lo riguardi e possa dare un’immagine di sé meno che sobria, anzi quasi grigia. “Non mi piace che si parli di me. Le dico subito che se questa intervista dovesse venire con un taglio autocelebrativo mi darebbe molto fastidio. Al contrario, il profilo basso mi piacerebbe moltissimo”. Napoletano atipico, questo Vincenzo Montella. Pacato, riflessivo, freddo fino a sembrare distaccato. In realtà molto attento a quel che dice e a come lo dice. Fa l’allenatore in serie A dal 21 febbraio 2011, quando prese il posto di Claudio Ranieri alla Roma.Alla fine fu sesto, con qualificazione all’Europa League e semifinale di Coppa Italia raggiunti.
Dopo, c’è stata Catania (48 punti, record per gli etnei in serie A, undicesima posizione in classifica) e adesso la Fiorentina. Pochi, a meno che non fossero raccomandati, hanno bruciato le tappe, così in fretta. Nessuno, a mia memoria, ha creato un consenso così vasto e mosso un interesse tanto crescente. Lui, un po’perché umile deve esserlo di natura, un po’ perché sa che è una modalità spendibile, dice senza sorprendersi: “Dopo essermi chiesto tante volte cosa avrei voluto fare da grande, adesso lo so: diventare allenatore”.
Scusi, ha detto diventare?
Sì, quello dell’allenatore è un mestiere in divenire.
È vero che prima di cominciare lei ha studiato molto?
Ho fatto molti corsi. Dopo il master non ho fatto altro.
Non è vero.
Ho approfondito. Prepararsi è la cosa migliore.
Sono in tanti a dire che Montella è il miglior giovane allenatore in circolazione
Fa piacere. Anche se sono pareri del momento. Le situazioni possono cambiare molto velocemente. Proprio perché sono giovane e proprio perché vengo visto come colui che ha certi obiettivi. Ma cosa si dirà quando verranno le prime difficoltà?
Lei quant’è ambizioso?
Per fortuna questo mestiere lo fai per passione. Ti cattura. In base agli obiettivi che si hanno, le ambizioni cambiano.
Posso sapere com’è composto il suo staff?
(un po’ esitante) C’è un allenatore fisico che è Marra.
Ah, il preparatore atletico.
No, è diverso. L’allenatore fisico deve allenare me. Soprattutto perché facciamo esercizi che prevedono sempre la palla. Mi deve anche dare i tempi delle mie proposte in base alle esercitazioni che facciamo.
È vero che nel suo staff c’è un tecnico che viene dal calcio a 5?
(sorpreso) Come lo ha saputo?
Me l’hanno detto.
Non ce l’ho ancora, ma l’obiettivo è quello
A cosa le serve?
A insegnare tecnica applicata. Anche i calciatori di serie A ne hanno bisogno. Sono cose che andrebbero insegnate nei settori giovanili,ma siccome non tutti lo fanno…. Gli allenatori del calcio 5 hanno metodi
specifici.
Catania è stata una tappa fondamentale senza la quale, forse, non ci sarebbe nemmeno questo Montella?
Mi sono trovato benissimo, le condizioni migliori per lavorare. Merito del presidente Pulvirenti e del direttore Lo Monaco, ma anche di collaboratori più defilati. Naturalmente avevo un gruppo di giocatori molto disponibili, formidabili.
Lasciare è stato difficile?
Andarsene è stata una scelta emotivamente fastidiosa. Però professionalmente era l’unica che potessi fare. Mi sono comportato così anche quando ero calciatore, cercando di scindere i due aspetti.
Parliamo della Roma?
Ne ho parlato tante volte.
E’ stato un dolore non essere stato confermato alla fine della sua prima mezza stagione?
Ho sempre saputo che, per me, la cosa migliore sarebbe stata andarmene da Roma per intraprendere la carriera di allenatore. Allo stesso modo pensavo che tornarci, dopo Catania, sarebbe stata la scelta peggiore che avrei potuto fare. Però, se devo dirglielo sinceramente, in entrambi i casi l’avrei allenata molto volentieri. Emotivamente parlando.
Complimenti per la franchezza.
Non avrei saputo dire di no. A determinate condizioni, naturalmente.
Che calcio si sta giocando in Italia?
Un calcio in cui poche squadre si sforzano di prevalere con le proprie caratteristiche. Paga molto di più adattarsi all’avversario. Cercando soluzioni difensive che siano diretta conseguenza di come si pone l’altra squadra. Talvolta è più conveniente che giocare un calcio propositivo. E’ la cultura del risultato ad ogni costo.La cultura della sopravvivenza. Dipende molto dalla società in cui si lavora. Qui alla Fiorentina sono avvantaggiato perché quello che mi è stato chiesto dai miei dirigenti, fin dal primo giorno, è di far divertire. Nessuno voleva il risultato ad ogni costo.
Per la sua idea di gioco c’è un sistema più adatto di un altro?
Per come la vedo io, assolutamente no.
Quindi un 3-5-2, il modulo della Fiorentina, non è per forza di cose marcatamente difensivo?
Io non credo nel modulo, ma negli interpreti. Il sistema di gioco vive delle caratteristiche dei giocatori. Se in squadra hai uno come Cuadrado non si può difendere a 5.
Quindi se a Catania giocava con il 4-3-3 e a Firenze con il 3-5-2 non è per una conversione alla tendenza generale?
No. Dipende solo dagli interpreti.
Si può, dunque, dire che Montella è un allenatore duttile?
Sono duttile perché non credo nel sistema di gioco, ma negli uomini. I giocatori che reputo migliori vanno messi nelle condizioni tattiche migliori. E’ da lì che si costruisce il modulo.
Tuttavia se pensiamo che la sua Fiorentina gioca un calcio propositivo, la facciamo peccare di presunzione?
La nostra idea è di essere sempre propositivi.E di fare il nostro gioco a prescindere dall’avversario. Proprio per questo qualche volta l’abbiamo pagata. E la pagheremo ancora.
In queste prime nove giornate quando è accaduto che la sua squadra non l’abbia convinta?
Sicuramente abbiamo fatto bene in trasferta, ma in determinati momenti, durante alcune partite, avremmo dovuto fare di meglio e prendere più punti.
Qualche esempio?
A Milano, contro l’Inter, siamo stati meno brillanti del solito. A Verona, con il Chievo, abbiamo fatto la nostra peggior partita.
Dove può arrivare questa Fiorentina?
Dipende molto anche dagli avversarI
Glielo posso dire io dove arrivate?
Dica.
Quarti o quinti.
Montella fa una faccia come di uno che si aspettasse qualcosa di meglio. Forse è un’impressione, ma l’obiettivo non è solo quella di divertire. Infatti chiude così: “Vogliamo divertire. E con tante vittorie”.