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REPUBBLICA.IT Morire di calcio scommesse E c’è chi corrompe i ragazzini

Calcioscommesse

L’Interpool e la Fifa indagano su delitti e suicidi sospetti mentre si allarga il fronte dell’illegalità nel mondo del pallone. Ora si punta a corrompere i ragazzini, quattordici, quindici anni al massimo. Le prove generali sono state fatte durante l’Asian Cup ma il sistema si sta allargando a tutto il mondo e presto arriverà in Italia

ROMA – C’è un’intercettazione ambientale che in queste ore sta attraversando, con la frenesia di un allarme, i canali di comunicazione interna delle polizie di tutto il mondo. Racconta della nuova politica adottata dai “Signori del calcioscommesse” mondiale, la new wave: basta calciatori professionisti, troppo pericoloso, troppo visibile; bisogna corrompere i ragazzini, quattordici, quindici anni al massimo. Costa meno, ed è meno pericoloso. Le prove generali sono state fatte in Asia (dove è stata intercettata la chiamata) durante l’under 16 dell’Asian cup. Ma proprio in questi giorni il sistema si sta allargando nel resto del mondo e secondo stime ufficiali neanche troppo pessimistiche tra poco arriverà in Italia.

“Il calcio moderno”. A parlare sono un ragazzino di 15 anni e un suo collega più anziano Uomo. “Ecco cosa ti chiedo. Facciamo un esempio… Voi state vincendo una partita per 3 o 4 a zero. Ok? Bene, se avete fatto così tanti gol nel primo tempo, ecco… allora nel secondo tempo basta che facciate fare un paio di gol anche agli altri. Così viene fuori un 4-3. Vinciamo lo stesso, e in più ci pagano. Che ne pensi?”.
Ragazzo. “Lasciamici pensare un attimo”. U. “Non pensarci troppo… Non è calcioscommesse… E’… E’… E’ una
cosa che facciamo in tutto il mondo. Tutti i paesi fanno così. Non è calcioscommesse, è “calcio moderno”. Non possiamo più permetterci di essere semplici calciatori. Dobbiamo essere furbi”.
R. “Quanto ci danno?”.

Secondo gli investigatori asiatici, la partita alla fine è stata organizzata. Ma questo è solo un dettaglio. La sostanza è che con il coinvolgimento dei ragazzini nel gioco sporco si rischia di aggiungere un nuovo ceppo all’epidemia che sta devastando il calcio mondiale, e che si sta configurando come una delle principali emergenze criminali. Almeno a giudicare dal numero dei morti.

Omicidi e suicidi. Già, i morti. Tra suicidi e omicidi, gli investigatori dell’Interpol che su questo tema lavorano insieme a un apposito pool investigativo costituito dalla Fifa, ne contano già più di una quindicina. E’ bene farlo presente a quanti in Italia, ancora oggi, si ostinano a considerare questo fenomeno il prodotto delle marachelle “di quattro sfigati”. Il caso più inquietante è sicuramente quello di Yordan Petrov Dinov, 40 anni, responsabile bulgaro dell’agenzia di scommesse SkySport365 (la stessa che per prima denunciò il flusso di puntate anomale sulle partite italiane). Ha denunciato una probabile combine nel suo paese, è stato ammazzato a colpi di pistola in quella che appare una classica esecuzione mafiosa. “Del resto – dicono dalla Fifa – stiamo parlando di criminalità organizzata”. Anche se ad uccidere non sono solo le associazioni internazionali. Ma anche la delusione: come nel caso di un allenatore ungherese che si è suicidato quando si è reso conto di essere stato preso in giro dai suoi ragazzi; o, ancora più semplicemente, la paura. La Corea è ancora sotto shock per il suicidio di due giovanissimi calciatori finiti al centro di un’inchiesta della polizia locale e coordinata da una apposita task-force.

La mappa e il sistema. “Le morti da calcioscommesse stanno diventando un’emergenza ancor più del calcioscommesse in sé”, spiegano dagli uffici della Fifa dove è stato effettuato un dettagliatissimo screening su scala globale dal quale è possibile ricostruire una sorta di mappa del match fixing. La capitale – si legge in una nota riservata – “è la Cina. Lì vivono i più importanti scommettitori mondiali (sia legali sia illegali). Ne discende che la Cina sia anche la patria dei principali interessi dei criminali del calcisoscommesse. La testa però è altrove. A Singapore e in Malesia. Dove ci sono i più abili broker del mondo. Tra questi Tan Seet Eng, detto Den, e Wilson Perumal. I due uomini che attraverso gli Zingari hanno messo a soqquadro la serie A italiana. Ma l’Italia non era che una delle tessere del loro mosaico. La più prestigiosa ma non la più importante. I due tengono in pugno praticamente tutto il resto del mondo, dal Sudamerica all’Africa, dall’Europa al Medio Oriente, con casi clamorosi come quello dell’Argentina, dove oltre alle partite della Nazionale di calcio, è sotto attacco l’intero campionato: “Ci sono dei soldi dalla Russia che arrivano a Buenos Aires ma ancora non si capisce da dove provengano”. O come quello dello Zimbabwe dove Perumal teneva in pugno Henrietta Rushaway, il presidente della Federcalcio locale, grazie alla quale riuscì a organizzare una partita finta tra Zimbabwe e Siria, con comparse e attori al posto dei giocatori. Partita finta, scommesse vere: un numero già riuscito con la famigerata pantomima Togo-Bahrein.

Risposte federali. Di buono, secondo gli investigatori della Fifa, c’è che in tutto il mondo il fenomeno sta trovando la risposta spesso feroce delle istituzioni. Un po’ ovunque sono state create le cosiddette task force, istituzioni miste composte da esponenti del mondo del calcio e da uomini delle Forze dell’ordine. I più reattivi sono stati quelli della Federcalcio giapponese che insieme ai colleghi coreani e cinesi, all’Interpol e agli uomini della Fifa hanno dato vita a un gruppo investigativo di prim’ordine molto efficace (anche troppo, secondo qualcuno che porta ad esempio il caso coreano), che ha ridotto in maniera sensibile il fenomeno, squalificando a vita chiunque fosse stato trovato implicato nei giri sporchi. Risposte ottime sono arrivate anche dalla federazione finlandese che ha aiutato in maniera decisiva la polizia locale nell’operazione che ha portato all’arresto di Parumal (le carte di quel blitz sono state utilizzate anche nelle inchieste di Bari e Cremona). L’uomo di Singapore usava la Finlandia come base per l’Europa. Anche in questo caso sono arrivate squalifiche a vita da parte della Federazione.

La task force made in Italy. Anche l’Italia ovviamente ha creato la sua task force. Ma a modo suo. Un decreto  del ministero dell’Interno (allora retto da Roberto Maroni)  datato 15 giugno 2011 (quindici giorni dopo l’arresto di Beppe Signori, nel pieno dello scandalo, insomma) istituisce l’Unità Informativa Scommesse Sportive. Dell’unità sono chiamati a far parte praticamente tutti: c’è il direttore centrale della Polizia Criminale, il direttore generale dei Monopoli di Stato, il direttore generale della Figc, il segretario generale dell’agenzia per lo sviluppo del settore ippico, il direttore dello Sco, il generale del secondo reparto dei Carabinieri,  quello del terzo reparto della Finanza, il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, il direttore centrale della polizia di Prevenzione, il capo della Polizia Postale, il consigliere per le politiche dello sviluppo delle condizioni di legalità e sicurezza sul territorio, e persino l’esperto nominato dal ministero dell’Interno (vale a dire Tony Damascelli, giornalista, già lambito nel 2006 dalla vicenda Calciopoli). Una folla di gente, Un deserto di risultati. In un anno e mezzo di attività, zero segnalazioni. “Siamo stati convocati una sola volta. All’inizio, per l’istituzione. Poi non ne abbiamo più saputo nulla”, racconta desolato uno degli investigatori che, in teoria, di quella task force avrebbe dovuto essere l’anima.

Fonte: Repubblica.it

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