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CORRIERE DELLO SPORT Una squadra zemianana

Zeman in conferenza

(G. Dotto) – Si parte con un treno di pensieri lugubri. La scimmia addosso di Udinese, Parma e la beffa di giornata, Montella e Stramaccioni, due espulsi da Trigoria, star del campionato. I gomiti sono già qui, nudi, pronti al morso e al rimorso. Che Roma sarà? Che cosa saremo a fine partita? Dove saremo? In cantina con i topi o a crederci spaziali? Due domande cui può rispondere solo Gesù Bambino. Sul 2-0 ci disponiamo al peggio. Chi ci ammazzerà stavolta? Il solito Miccoli o Morganella, quello del twitter razzistoide? E invece no. Sarà la fifa, sarà Burdisso, sarà che non se ne può più, ma è una Roma meno alcolica, meno dionisiaca e dunque meno incline all’abisso, ma più densa e più compatta tra i reparti. Più stretta e dunque più solidale.

Burdisso, vecchio e scaltro cuore di un calcio archeologico ma buono come il pane, fa la balia a giusta distanza del sempre più ammirevole Marquinhos, teschietto da bambino ma occhio furetto. Lo stesso di Lamela, che da qui a un anno, forse prima, sarà tra i primi dieci al mondo. E questo a Zeman va riconosciuto. Potranno cacciarlo anche domani ma il merito d’aver estratto l’oro da Lamela liberandolo dai suoi oziosi ghirigori non glielo può togliere nessuno. Infortuni e scelte hanno messo in campo la Roma più zemaniana di sempre. Zemaniano è Goicoechea, che sembra avere la buona sorte e la sfrontatezza che mancano a quel grande ma troppo timido portiere che è Stekelenburg. Zemaniani sono Piris e Balzaretti, Tachtsidis, ovvio, e Florenzi. Non lo è, ma lo sta diventando l’americano, ieri sera al suo meglio. Marquinhos, Lamela, Totti e Osvaldo sono fenomeni, e in quanto tali, zemaniani e qualunque altra cosa. Il Palermo è troppo scarso per essere vero, ma è vero, meglio così. Domenica il derby sarà un’altra lotteria, per una spedizione all’inferno o là dove si balla il tango. Niente mezze misure con Zeman.

 

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