(M. Calabresi) – Nel Pescara dei vari Bjarnason, Balzano, Togni, Cosic, Celik e Brugman, gli «sconosciuti» Mauro Goicoechea e Marcos Aoas Correa si sarebbero mimetizzati in una lista della spesa da discount anziché da supermercato grandi marche. Conoscendo la storia della Roma, è possibile pure che qui sopra si nasconda il giustiziere di Zeman alla 100a panchina in Serie A e a casa sua, ma è possibile pure che questi due ragazzi venuti dal Sudamerica si trasformino da griffes sconosciute in prodotti ricercati.Marquinhos è già un pezzo avanti: alla 13a giornata ha raggiunto le otto presenze necessarie per far scattare il diritto di opzione sull’acquisto, ma soprattutto è arrivato a un livello di prestazioni tale da essere considerato un titolare inamovibile. Come dire «una maglia è di Marquinhos, le altre vediamo».
Denti di ferro E se si è scomodata persino la Fifa per intervistarlo, vorrà dire che il bambino con l’apparecchio qualcosa vale. «Tra Mondiale Under 17, vittoria della Libertadores con il Corinthians e arrivo a Roma sembra passata un’eternità, invece è soltanto un anno — dice —. Credevo di avere la mia occasione, ma non così in fretta. Per arrivare qui, però, ho dovuto fare tanti sacrifici e sono contento che Zeman abbia dimostrato fiducia in me, in un campionato che si adatta molto bene alle mie caratteristiche». Ovvero: senso della posizione, tempismo mai visto per un ragazzo di 18 anni e anche la personalità nell’uscire palla al piede senza avere mai la fretta di spazzare. Ha la testa a posto, a differenza di tanti suoi coetanei: legge la Bibbia, prega, sogna. «Vorrei vincere lo scudetto con la Roma e giocare per il Brasile. Con tutto quello che mi è successo, non so più cosa è possibile o meno».
Maledetto derby Marquinhos ha convinto tutti, Goicoechea ancora no. Nonostante a Trigoria siano rimasti tutti impressionati dalle sue qualità, il «paperone» nel derby ha lasciato strascichi inevitabili, che hanno fatto diventare un dettaglio anche le perplessità su uno stile tipicamente sudamericano che poche volte ha attecchito in Europa. «Sono consapevole di aver commesso un errore grave e per questo chiedo scusa — spiega l’uruguaiano a Roma Channel —. Ma purtroppo a volte è necessario passare su errori come questi per crescere. Nonostante tutto, sono a mio agio, sento la fiducia dei compagni e dell’allenatore. Possiamo arrivare in alto». Se Franco Mancini fosse ancora vivo, probabilmente Goicoechea la partita di domani l’avrebbe giocata con l’altra maglia: tanti romanisti avrebbero preferito così, a Mauro il compito di smentirli.