(P. Mei) – La rovesciata, per il bomber, è come il supplizio di Tantalo, l’eroe mitologico che viveva in mezzo a un lago con l’acqua fino al mento e legato a un albero da frutta carico di mele e pere ma, come faceva per bere il lago s’asciugava e come provava a cogliere un frutto il ramo s’allontanava.
La rovesciata è un magnifico gesto atleticoma chi lo fa verso la porta avversaria, essendo di spalle non vede il gol. A meno che, come Ibrahimovic, non sia lontano e non abbia il tempo di rialzarsi e sbirciare. Anche Méxès ha segnato di rovesciata, Osvaldo ci ha provato (e molto ci prova, a volte riuscendoci, compresa quella in cui gliene annullarono uno buonissimo), Quagliarella ci è appena riuscito. La rovesciata sembra andare di moda. Ci sono stati specialisti e, pure se non hanno fatto epoca come il saltatore in alto Dick Fosbury che per primo fece la rovesciata sull’asticella, sono la leggenda del calcio.
Il primo è stato forse uno sconosciuto chalaco, come si chiamavano i nativi del porto di Callao in Perù, il quale, per farsi bello fra i marinai britannici che ingannavano con il pallone l’attesa sul molo (così è nato quasi dovunque il football, anche tra i portuali del Genoa Football Club, primi d’Italia), sciorinava le sue acrobazie.
Ma la storia attribuisce la paternità della rovesciata in partita a Ramon Uganza Asla: era un ragazzo basco emigrato in Cile, proprio nel mondo alla fine del mondo, cinquecento chilometri più giù di Santiago. Fu lui che nello stadio di El Morro a Talcauhano nel gennaio del 1914 per primo segnò su rovesciata. Fu tale il successo di pubblico e critica che Ramon ci provò molte altre volte, spesso riuscendoci; in particolare durante il campionato sudamericano del 1920.
Un arbitro di quelli che oggi fanno i giudici di porta, il signor Beitia, una volta lo espulse: per lui la rovesciata era gioco scorretto. All’inizio il gesto fu battezzato “chorera”, perché la squadra di Ramon era la Escola Chorera; poi la stampa argentina, data la cittadinanza acquisita del basco Uganza, lo chiamò “chilena”. Gli inglesi dissero: bycicle kick, che il movimento era quello sui pedali. Oggi c’è un videogioco che si chiama così.
Ci volle qualche anno perché arrivasse in Europa: la portò un altro cileno, David Arellano, del Colo Colo, in tournée in Spagna nel 1927. Fece gol a Valladolid, dove anche morì di peritonite per un colpo proibito di un avversario.
La vera fama, però, gliela regalò Leonidas, detto il Diamante Negro (da cui il nome della cioccolata più amata dai meninos) ai mondiali francesi del ’38
Il brasiliano era splendido nella rovesciata e non solo: segnò un gol scalzo e perché l’arbitro non glielo annullasse si infangò i calzini bianchi nel pantano e il colore confuse il direttore di gara. Poi, con rovesciatori celebri come Maradona o Rooney, Van Basten o Pruzzo, Gigi Riva o Vialli, Ronaldinho o chiunque altro ci sia riuscito, sono da ricordare in maniera particolare Parola e Pelè.
La rovesciata di Carlo Parola, che era in difesa (intercettò un assist di Magli a Pandolfini in un Fiorentina-Juve del 15 gennaio 1950), è divenuta il brand stesso delle figurine Panini; la rovesciata di Pelè nel film “Fuga per la vittoria” non solo ha rappresentato un inno alla libertà, ma anche uno dei più bei gesti visti su di un campo di calcio, quelli della prigionia e della periferia compresi.