(S. Carina) – A Trigoria il day after la sconfitta di Parma è uno dei tanti. Zeman che prima dell’inizio dell’allenamento spiega ai calciatori gli errori commessi alla lavagna, la squadra che ascolta in silenzio, Baldini e Sabatini che seguono l’allenamento a bordo campo. Chi si attendeva il solito confronto o presa di posizione forte da parte dei dirigenti con il gruppo – a rafforzare magari la figura del tecnico – sarà rimasto deluso. […]
Tuttavia la sensazione, come del resto accade quasi sempre all’interno di uno spogliatoio quando i risultati latitano, è che il rischio scollamento sia dietro l’angolo. Non è un caso che Zeman nelle ultime due conferenze stampa abbia lanciato segnali ben precisi: «Io lavoro per la Roma, non contro la Roma (frase ripetuta due volte, ndc). Se quella attuale è una rosa adatta a giocare il mio calcio? Tutti i calciatori possono giocare con me, l’importante è che facciano quello che gli dico». Parole che sommate a quelle del pre-gara contro l’Udinese – «La squadra mi segue? Quasi tutti» – lasciano intendere come più di qualcosa nei rapporti tecnico-calciatori sia da rivedere.[…]
Come se non bastasse, ad avvalorare questa sensazione di precarietà ci ha pensato mercoledì sera Totti, che quando parla non lo fa mai a caso: «Non funziona niente, non facciamo quello che vuole l’allenatore. Prima seguiamo quello che dice Zeman, prima usciremo da questo tunnel». Guarda caso considerazioni molto simili a quelle rilasciate da Florenzi, un altro fedelissimo del boemo, dopo la sconfitta di Torino: «Il problema è semplice: facciamo il 10% di quanto ci viene chiesto». Tra l’altro il capitano giallorosso, non ha lesinato frasi sibilline nemmeno al duo Baldini-Sabatini: «Una volta si vinceva? C’erano altri calciatori. Nel calcio serve concretezza, non i sogni. Rosa adatta a Zeman? Lui dice di sì, ma questo va chiesto ai dirigenti…» il tutto accompagnato da un sorriso malinconico di chi si rende conto della situazione che sta vivendo. Che poi a pensarci bene, è molto simile a quella dello scorso anno. Dodici mesi dopo, infatti, sembra essere tornati al punto di partenza. Se il gioco dell’oca a Trigoria vedeva nella stagione passata come protagonisti un tecnico (Luis Enrique), una dirigenza (Baldini e Sabatini), risultati a dir poco deludenti e un calciatore rappresentativo (De Rossi) che prendeva le difese dell’allenatore, oggi – a parte un paio di interpreti (Zeman e Totti) – la sostanza non cambia: il progetto-Roma si è nuovamente impantanato, a rischio fallimento.