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IL ROMANISTA Potere dei muri intrisi di fede

Francesco Totti

(L. Lazzari) – Restaurare l’opera d’arte… la chiamano opera d’arte! La verità è che altro non è stato fatto che coprire uno scarabocchio con un altro scarabocchio”. Questi i toni e le argomentazioni di chi si ostina a non vedere l’atto vandalico che è stato compiuto; di chi tende a sminuirlo perché se deturpi e sfiguri qualcosa che non è arte nel senso classico del termine, a parere loro, non commetti alcun reato…. Non sarò io a tenere una lezione sul valore culturale, artistico e spesso sociale rappresentato da molti graffiti o murales che abbelliscono ( o imbruttiscono) le nostre città.

Mi limiterò a sottolineare che probabilmente coloro che definiscono “scarabocchio” il dipinto parietale raffigurante Totti, storica rappresentazione della tifoseria giallorossa, in una porzione di muro del rione Monti, non si sono mai interrogati su chi fosse un tal Banksy, street artist di Bristol, le cui raffigurazioni contro la guerra hanno talvolta scosso gli animi più di un convegno delle Nazioni Unite. Immagino abbiano girato poco il mondo, soprattutto le grandi capitali europee; e nemmeno siano mai venuti a Bologna, dove il Comune – il Comune, badate bene… un’istituzione locale! – l’estate scorsa ha finanziato un progetto per il recupero di alcune zone degradate della città. E sapete come? Incaricando degli “street artist” di riempire a grandi campiture i muri spesso scrostati di alcuni palazzi. “Frontier 2012”, questo il nome del progetto, per chi fosse interessato. Sono stati chiamati a “corte” 12 artisti europei; ad ognuno è stata assegnata una facciata ed è stato detto: «Ecco, questo quartiere necessita del tuo intervento.

Potremmo finanziare il ripristino dell’intonaco per una manutenzione straordinaria; ma dopo due giorni probabilmente, sarebbe già sporco. Ti chiediamo di fare qualcosa di grande e simbolico, che si veda da lontano ed identifichi questa zona». Gli artisti hanno accettato la sfida e ne sono uscite opere colorate, esplosive, dinamiche e “colte”. Rappresentative della cultura che denuncia e convive col degrado ma non per questo manca di spessore e significato. Ho compiuto in prima persona delle interviste ai residenti di questi quartieri. Tutti entusiasti di poter ospitare un’opera d’arte che definisse la loro identità e dignità sociale. Questo giusto per dare una risposta a color che definisco i graffiti “ scarabocchi” e che hanno scritto che nessuno mai si sognerebbe di autorizzarne la realizzazione. Ma ammettiamo pure che il dipinto sul quel muro venne realizzato senza il benestare del Comune; ammettiamo che fu lo sfogo di un gruppo di studenti di architettura, che probabilmente in una calda notte in preparazione degli esami (sono stata studentessa di architettura anche io e ricordo le notti passate su china e lucidi, prima dell’era del “cad”) decisero di disegnare qualcosa di diverso dalle travi reticolari per l’esame di tecnologia o la darsena di un fiume per il progetto di urbanistica. Immaginiamoci questa scena.

Un muro scalcinato; una notte di veglia, due colori, un pennello, una fede: la Roma. Quale scempio! Osarono dipingere quel muro di giallo e di rosso e poi proprio con i colori giusti (ebbè! erano esperti in pantoni, del resto)… Che sfrontatezza! Non paghi impressero su quella facciata esterna (e quindi visibile a tutti!) la figura di un uomo: Francesco Totti, l’allora e l’attuale capitano della Roma. Deve essere stata duro per certuni sopportare quella visione per tutti questi anni. Soprattutto perché quell’uomo ancora veste la fascia del Capitano e, nonostante l’età matura, non solo ancora non dà segni di declino ma si permette pure di brillare più dei giovani! E già! Dev’essere proprio una brutta sensazione: l’invidia.

Così a qualcuno non è venuto in mente nulla di meglio da fare che prendere una bomboletta e coprire maglia e volto di quell’esempio di romanità con una nuvolaccia nera, come la loro bile, come la loro anima. Peccato che maglia e volto di quel Capitano siano indelebili, ben oltre il potere coprente della vernice-spray. Del resto può succedere di abitare di fronte ad una chiesa, ad una sinagoga o alla Mecca pur non essendo fedeli. E allora che fai? Non vai certo a deturpare il crocifisso per esprimere la tua disapprovazione per una fede non tua! A queste provocazioni dobbiamo rispondere? La risposta è sì, ma con intelligenza. Queste persone indubbiamente non hanno mai attraversato l’Oceano e di San Francisco non conoscono il quartiere gay e le sue rainbow-flags. Le bandiere con l’arcobaleno che identificano la zona popolata da omosessuali dichiarati. Si chiama civiltà: tu hai gusti diversi dai miei, una fede diversa dalla mia, ma rispetto il tuo modo di manifestarla perché tu non offendi me. Cosa c’era di offensivo nel murale di Totti? Certo; non c’era scritto “W la pace, abbasso la guerra” né “Free Palestina”… nessun intento di denuncia di crimini umanitari. No. Non aveva questo spessore etico. Né poteva definirsi artisticamente paragonabile alla Cappella Sistina, ma era un’espressione genuina, educata e armoniosa di una fede e di un successo. Gli atti vandalici vanno puniti, ma in modo esemplare. Col buon esempio e la solidarietà. In primis, appena mi è stata segnalata la cosa, ho pensato sarebbe giusto e doveroso rintracciare l’autore originale. Se fossi stata io, vorrei ripristinare ciò che era, personalmente, e penso valga anche per lui. L’autore (uno del gruppo) dell’opera è stato rintracciato pertanto ora si potrà bene decidere se, come e quando ripristinare ciò che è stato deturpato. Sono una pittrice, ma sono anche un architetto e sono una tifosa. Lo scempio di qualsiasi opera (sia essa un murale o una fontana) è un gesto insopportabile.

La risposta a questi gesti deve essere uguale (in efficacia) e contraria (nei modi) al sentimento che l’ha prodotta. E’ stato motivato dall’invidia e dall’intolleranza. È evidente pertanto – ho pensato – che si potrebbe innescare una bellissima catena di solidarietà attorno a quell’opera: la classica storia dell’offesa gratuita che si trasforma nella più bella delle rivincite, ma fatta con intelligenza. Sarebbe efficace e simbolico se venissero scelti dei tifosi “esemplari” (bambini, rappresentanti di tifoserie da sempre legate al capitano). L’autore paterno potrebbe tracciare i contorni del disegno da ripristinare. In pratica per i tifosi-pittori volontari del ripristino del volto e della maglia del loro capitano (a cui comunque mai nessuno toglierà volto e maglia), si tratterebbe solo di provvedere alla campitura con colore giallo ocra delle zone coperte di nero: una pennellata ciascuno, dentro i contorni! Il tutto sotto la supervisione dell’artista. Un’idea, un gesto esemplare che penso potrebbe far piacere al Capitano e dispiacere ai vandali laziali. Inoltre, perché no, la cosa si potrebbe unire ad un vero gesto di beneficenza: approfittare del momento del ripristino, attorno a cui si uniranno curiosi tifosi e non, per fare una raccolta fondi (io sono molto legata all’Ospedale Bambino Gesù ma ovviamente di cause ce ne sono migliaia). Vedi mai che per una volta anche a Roma, anche a “certi”, non si possa insegnare come anche un murale ha una sua importanza al di là dei colori! L’importanza del potere dei muri scrostati d’intonaco, intrisi di fede.

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