(D. Galli – C. Zucchelli) – Hanno deciso in mattinata. Senza pensarci troppo su, senza averlo programmato prima. Il dialogo sarà durato una decina di minuti, forse anche qualcosa di più. Baldini e Sabatini hanno parlato alla squadra. C’erano tutti, c’era ovviamente Zeman, c’erano anche i nazionali, c’era anche chi come De Rossi si è beccato tre giornate ma continua ad allenarsi con la squadra, perché gli errori si fanno ma passano. E la Roma invece resta. È stato un inno alle motivazioni che vanno ritrovate. Il senso? Noi crediamo in voi, ma voi dovete credere in voi stessi, perché questa squadra è forte. È vero, ancora non lo ha dimostrato. O se lo ha dimostrato, è accaduto a sprazzi. Una partita da fenomeni, da futebol bailado, dal calcio champagne che ti dà il senso della svolta. Poi il niente, il buio, i gol fatti che non riescono a controbilanciare quelli presi. Dg e ds hanno preso la parola per questo. Una decina di minuti, un confronto breve, perché Baldini e Sabatini non dovevano dire grandi cose, ma far capire grandi cose. L’augurio è che la squadra li abbia capiti, che sia andata oltre il valore delle parole, che abbia afferrato il messaggio, perché nelle prossime tre partite si troverà davanti Torino, Pescara e Siena. Non proprio tre avversarie irresistibili. La Roma può – anzi, deve – fare 9 punti su 9 se vuole provare a dare un senso a questo campionato, se intende concorrere quantomeno per la zona Champions.
I segnali positivi che provengono da parte del gruppo (da parte, non da tutto) invitano a un moderato ottimismo. De Rossi continua ad essere un esempio, nel male come nel bene. Il rapporto con Zeman – è stato detto e scritto decine di volte – non è forte, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello che ha Totti con il tecnico boemo. Però, e nonostante sia costretto a restare ai box fino all’8 dicembre per il pugno a Mauri, sta continuando a lavorare sodo come se nulla fosse accaduto, come se le tre giornate di squalifica non esistessero. Si allena con il resto della squadra, di cui si sente parte. Una squadra che qua e là in difesa ha commesso degli errori marchiani, ma una squadra splendida. Innanzitutto, per l’intrinseco valore tecnico. Prendete Bradley, candidato Pallone d’Oro a stelle e strisce e ottimo colpo di un mercato continuamente criticato nonostante Balzaretti, prima buono per tutti e poi scarso per tutti; nonostante Castan, prima Carneade e mica un top player, poi top player, poi non più; nonostante Marquinhos; nonostante Destro fosse prima un fenomeno e ora non vale l’acquisto. Ma questa è una squadra splendida perché c’è chi come Bradley, appunto, che non fa in tempo a tornare dall’impegno con la sua nazionale che scende in campo e attraverso le telecamere di Sky detta ai compagni lo stesso messaggio di Baldini e Sabatini: «Siamo convinti di quello che stiamo facendo». Crediamoci. (…)