(M. Macedonio) – Se le sette stagioni alla Roma hanno probabilmente rappresentato il periodo più importante della sua vita in veste di calciatore, le quattro disputate con la maglia del Pescara, dove ha chiuso la sua carriera nel ’94, rimangono ancora oggi, a loro volta, nel cuore di Ubaldo Righetti. Da doppio ex qual è, non è quindi difficile coinvolgerlo in una breve chiacchierata alla vigilia della sfida tra la squadra giallorossa e quella biancazzurra. Una gara che, almeno sulla carta, sembrerebbe non dover destare grandi preoccupazioni, ma che forse proprio per questo può nascondere delle insidie e merita quindi di essere affrontata con la concentrazione maggiore possibile. «E’ vero – ci dice l’ex difensore – con la Roma non c’è mai da stare tranquilli, ma direi pure con tutti. Perché la situazione non è certo semplice per il Pescara. C’è stato il cambio di allenatore, in una squadra che deve ritrovare una sua identità, avendo giocatori nuovi e giovani, ma che soprattutto sente ancora il peso del campionato straordinario fatto lo scorso anno con Zeman. Una piazza, per come la conosco, che si entusiasma con grande facilità e passione ma che in questo momento sta certamente soffrendo. Bergodi, da ex, conosce anche lui bene l’ambiente, ma la Roma deve saper approfittare di questa situazione, dando continuità a quanto fatto vedere contro il Torino. La classifica parla chiaro e le prossime due partite, questa con il Pescara e quella successiva con il Siena, benché tutt’e due in trasferta, devono essere di preparazione alla gara interna con la Fiorentina. La squadra deve perciò dimostrare il suo reale valore, e quindi, di aver fatto progressi e di essere più forte ed ambiziosa».
Che impressione ti ha lasciato nella gara con il Toro?
A differenza del Palermo, che non si era rivelato avversario particolarmente ostico, il Torino ha invece mostrato di essere squadra all’altezza, pur non rientrando tra quelle di primissima fascia. Non aveva mai perso in trasferta, e anche segnando poco aveva la seconda miglior difesa. Numeri che contano e rendono merito alla vittoria della Roma.
Che dopo il derby ha saputo reagire in maniera positiva. Non credi?
Certamente. La squadra è stata molto più attenta. Ha creato occasioni, ha concesso poco o nulla agli avversari. Bradley, tatticamente, mi è piaciuto tantissimo. La difesa ha lavorato meglio, anche se poi sono state esaltate più le prestazioni individuali che dell’intero reparto. Ci sono state, sì, situazioni di emergenza, che hanno visto il singolo giocatore fare anche molto bene, ma mi sembra che tutti si siano mossi meglio.
Si parla sempre più di questa coppia centrale tutta brasiliana, giovane ma già di grande affidamento.
Trovo che Marquinhos sia straordinario. Un giocatore moderno, dotato di grande intuizione, che gli permette di leggere in anticipo le situazioni, e con grande personalità in rapporto all’età. Mi piace anche Castan, che è uno che sa anche impostare molto bene. Una coppia che funziona, senza dubbio. Ma non trascurerei lo stesso Piris, che mi sta a sua volta piacendo. Forse Balzaretti non sta convincendo appieno, perché su quella fascia, con Totti e Florenzi che gli aprono molto bene gli spazi, non riesce a mettere quei traversoni che ci aspetteremmo da lui. A volte manca anche in fase difensiva, costringendo Florenzi a ripiegare. Ed è questo il motivo per cui Florenzi, dopo aver corso avanti e indietro, è costretto quasi sempre ad uscire prima.
Aspettando Dodò…
Se lo si è messo in campo quando non era ancora pronto, penso che ora, passate alcune settimane e una serie di allenamenti in cui può essere solo cresciuto, sia forse venuto il momento di riproporlo.
Con De Rossi ancora squalificato, ma con Tachtsidis di nuovo disponibile, che centrocampo ti aspetti? Il greco al suo posto, con Bradley intermedio e la possibile esclusione di Pjanic? O, in alternativa, un turno di riposo a Florenzi?
Uno stop a Florenzi non credo proprio, visto che per Zeman è ormai un titolare fisso. E’ il primo che mette in campo. Magari non fino alla fine, ma di sicuro dall’inizio. Come ripeto, Bradley davanti alla difesa mi è piaciuto molto, ma credo che avendo lui grande stima di Tachtsidis, lo riproporrà centrale. Ci sarebbe anche l’opzione Pjanic sull’out destro, in assenza di Lamela. Ma come sempre, dipenderà da Zeman e dalle scelte che vorrà fare.
A proposito di Lamela, anche lui è tra quelli cresciuti esponenzialmente quest’anno…
Alcune qualità le aveva già mostrate lo scorso anno, sebbene fosse difficile trovare qualcuno da salvare, ma quest’anno, insieme alla continuità, ha trovato i gol e le prestazioni.
Anche se c’è chi dice che non sia ancora un giocatore “zemaniano”, nel senso di giocare alla maniera in cui il tecnico vorrebbe.
Se è per questo, un po’ tutta la squadra non è ancora del tutto zemaniana. I concetti principali però ci sono, dalla difesa alta all’aggressività in attacco. Si tratta di continuare a lavorare, giorno dopo giorno, in questa direzione.
Ritieni che i giocatori stiano pian piano acquisendo quei meccanismi di gioco e possano finalmente lasciarsi alle spalle un periodo in cui sono stati soprattutto gli errori individuali a fare la differenza?
E’ presto per dirlo. Non commettiamo lo sbaglio già fatto altre volte, e penso alle tante partite definite della svolta, come la vittoria a Marassi o quella con il Palermo. Definite comunque così da altri, non certo da me. Penso invece che solo dopo una decina di partite caratterizzate dalla continuità sia nei risultati che nelle prestazioni, si potrà fare un’analisi più ottimistica e guardare al futuro con più chiarezza. Le basi ci sono, a cominciare dai giocatori, giovani ma importanti. A questo punto, si tratta di crescere. E si può farlo solo attraverso le idee e il loro sviluppo. Credendo in ciò che si fa, e avendo la capacità, se ci sono cose che non quadrano, di saper apportare dei correttivi. Starà all’intelligenza di Zeman capire dove è giusto intervenire. Quanto basta, senza stravolgere. Perché piccole modifiche, a volte, possono portare grandi cambiamenti.