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IL ROMANISTA Vamos Erik, fai come 2 anni fa

Lamela esulta

(C.Zucchelli) – «Prima del derby ha giocato sette partite ma mai aveva inciso come in questa. Se il River ha battuto il Boca lo deve a lui, Erik Lamela, ragazzino dai piedi magici e dalla testa da campione. Ha fatto saltare il banco con una prestazione maiuscola e dai suoi piedi è partito il corner per il gol vincente dell’ex Maidana».

Scriveva così due anni fa la stampa argentina nel raccontare il derby numero 187 tra River e Boca, giocato in un Monumental letteralmente impazzito per il «pibe che il Barcellona a 12 anni voleva portare in Spagna per ripetere l’esperienza di Messi». Quel giorno, anzi quel pomeriggio, mentre il sole tramontava su Buenos Aires, Lamela, timidissimo – come oggi – disse in tv: «Non ho molto da dire tranne che sono felice. Partita speciale? Sì, partita speciale». I derby, d’altronde, lo sono sempre. E quello della capitale argentina è uno dei primi al mondo. A febbraio, intervistato dal Romanista, Lamela disse: «Non so spiegare le differenze tra River-Boca e Roma-Lazio, semplicemente perché il derby di Roma non l’ho mai giocato». Vero. Prima e dopo quell’intervista. La partita d’andata, con Luis Enrique in panchina, non l’aveva giocata perché ancora non al meglio dopo l’infortunio alla caviglia – esordirà sette giorni dopo col Palermo – mentre in quella di ritorno, sempre con l’asturiano in panchina, è sceso in campo per una manciata di minuti appena. L’espulsione diStekelenburg lo ha costretto a uscire, rovinandogli così la festa per il compleanno.

Si giocava il 4 marzo, la primavera era alle porte, la sua esplosione definitiva ancora no. Quella è arrivata in autunno, quest’anno. Grazie a un signore che si chiama Zdenek Zemane che, se Lamela continuerà a dargli retta, farà su di lui e per lui quello che 15 anni fa ha fatto con Francesco Totti. Lo ha preso talento e lo sta trasformando, quantomeno, in giocatore concreto. Sette gol quest’anno, gli ultimi 5 tutti di fila. «Ne sbaglia ancora tanti però», dice Zeman in pubblico e in privato, convinto che l’argentino debba puntare ancora di più la porta e debba evitare di tenere il pallone tra i piedi come ancora fa troppo spesso. Erik lo sa, sa che rispetto a quando sedici mesi fa ha preso l’aereo per venire in Italia il suo modo di giocare è stato trasformato. Trequartista senza alcuno schema da seguire nel River, attaccante esterno che, invece, gli schemi li deve seguire eccome nella Roma di Zeman.

Una Roma per cui è un punto di riferimento, considerando che il boemo, dopo i tanti rimproveri pubblici, comunque dal campo non lo toglie mai. E non solo per quel piede sinistro in grado di fare qualsiasi cosa, ma anche per il carattere e la grinta che sta dimostrando di avere domenica dopo domenica. Ma anche mercoledì, visto che nel disastro e nel pantano di Parma non ha mollato di un centimetro, lottando come mai aveva fatto prima. Con la partita contro la Lazio («andarci? Mai», ha detto) ha l’occasione di entrare definitivamente nel cuore dei romanisti. Perché un gol al derby, si sa, è per sempre. Chiedere a Paolo Negro.


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