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IL TEMPO Il boemo che divide

Zeman

(Il Tempo) – Il protagonista è sempre lui: Zdenek Zeman, l’allenatore accolto come un maestro in estate dai più e ora indicato come il maggiore responsabile della nuova crisi romanista. Il dibattito sul boemo inizia dentro Trigoria e si estende fuori. Il suo sistema di gioco è superato, inefficace, poco adatto alla rosa e al campionato italiano oppure la Roma è una squadra debole e troppo acerba? Due partiti alla ricerca della verità, con all’orizzonte uno snodo decisivo come il derby. Eventuali passi falsi col Palermo e la Lazio potrebbero far degenerare la situazione. Ma a cambiare la guida tecnica al momento nessuno vuole neppure pensare. Anche perché si fatica a immaginare un’alternativa credibile e un eventuale esonero fornirebbe alibi ai giocatori. Quindi Zeman resta al suo posto, senza più la fiducia dell’inizio. I dirigenti stessi sono divisi nell’analisi: Sabatini, ad esempio, continua a vedere tanti spunti positivi nelle prestazioni, come ha sottolineato anche nel vivace post-partita di Parma. Altri, invece, reputano la Roma una squadra con un potenziale da primi posti e iniziano a interrogarsi sulle difficoltà dell’allenatore nel tirar fuori i valori del gruppo.[…]

Baldini ha chiesto pubblicamente al boemo di lavorare sulla fase difensiva. Una possibile soluzione a cui si sta pensando è un maggiore coinvolgimento di Aurelio Andreazzoli, ex collaboratore di Spalletti e vice di Montella ancora a libro paga del club, nelle esercitazioni del reparto arretrato. Andreazzoli ha mantenuto un bel feeling con i giocatori, a differenza dell’attuale staff del boemo, che con i suoi metodi vecchia maniera, mai modificati negli anni, fatica a stimolare i tanti ragazzini del gruppo. Ma conoscendo Zeman, è praticamente impossibile che accetti «intromissioni» nel suo lavoro. […]

Con i giocatori ha parlato prima dell’allenamento per una decina di minuti, sottolineando gli errori della gara di Parma. C’è stato anche un richiamo alla responsabilità e la richiesta di aiutarsi di più l’un con l’altro. Ma la Roma è una squadra unita? No, come in tutti gli spogliatoi c’è chi sta con l’allenatore e chi no. I maggior rappresentanti delle coalizioni sono proprio i capitani. Emblematica e forte la difesa di Totti nei confronti di Zeman dopo la partita di Parma. «Facciamo il 50% di quello che ci chiede, solo stando con lui possiamo uscirne». Ancora silenzio, all’opposto, da De Rossi ma le prestazioni continuano a testimoniare il suo malessere. Il centrocampista non si sente valorizzato dal boemo, neppure da regista è riuscito a esprimersi al meglio. E la ferita di Roma-Atalanta è ancora aperta. Come per Osvaldo. Anche i difensori sono in agitazione: Castan non riesce a seguire le istruzioni dell’allenatore e glielo ha fatto notare più di una volta, Burdisso è finito fuori dopo aver espresso le sue perplessità. Gli altri casi conclamati coinvolgono Pjanic («le cose potrebbero andare meglio, ma non voglio lasciare la Roma» ha detto il bosniaco) e Destro, utilizzati ormai col contagocce nonostante la società li consideri due pezzi da novanta del progetto. Nel gruppo degli «zemaniani» c’è un Lamela sempre più pimpante e con lui diversi giovani – vedi Florenzi – con la voglia di imparare e mettersi a disposizione del boemo. L’aria, comunque, è sempre più pesante. Un misto di rabbia e rassegnazione a una seconda annata di alti e bassi. Dopo la partita a Parma qualcuno si è sfogato alzando la voce negli spogliatoi, ma nulla più. Totti e De Rossi avevano chiesto invano all’arbitro Damato di interrompere la partita, il pantano del Tardini non ha certo aiutato la Roma a restare a galla. Zeman non è ancora affondato.

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