Binario morto. O quasi. La legge sugli stadi è ferma in commissione Cultura al Senato ormai da settimane. In molti già celebrano il suo funerale. Quasi sicuramente non sarà approvata in questa legislatura. Basterebbe un giorno e mezzo di lavoro per dare il via libera al testo, ma con ogni probabilità ciò non accadrà. Per tutti quei progetti che volevano sfruttare il disegno di legge, arrivederci a data da destinarsi. I presidenti delle società di calcio che aspettavano la svolta resteranno delusi, per ora. Anche l’appello di Barbara Berlusconi, rilasciato qualche giorno fa, sembra essere lettera morta:«Colgo l’occasione – aveva detto la figlia del presidente del Milan – per rivolgere un appello al Parlamento affinché approvi al più presto la legge sugli stadi: il tempo sta per scadere».
Ma a quanto pare Palazzo Madama fa orecchie da mercante. In questo momento la commissione Cultura, per procedere alla discussione e approvazione, deve attendere il parere della sotto-commissione Bilancio che, però, non arriva. Da una parte perché è alle prese con la discussione su altre decine di testi, anche di natura più rilevante per le sorti del Paese, dall’altra perché non si trova un accordo politico per procedere. È questo il punto vero di scontro: in Senato non c’è la volontà politica per approvare il testo. E a queste condizioni il destino del ddl non si risolverà nella XVI Legislatura, perché o non arriveranno i pareri delle commissioni o la legge sarà approvata ma con modifiche, ciò vuol dire che dovrà tornare alla Camera per una ulteriore lettura e se ne riparlarà dopo le prossime elezioni. Certo, i miracoli possono sempre avverarsi. Ma la misura di quanto sia difficile realizzare questa impresa la dà la spaccatura all’interno del Partito Democratico a Palazzo Madama.
Il senatore Roberto Della Seta spiega: «Questa è una legge nata male, per favorire l’Italia a una candidatura agli Europei del 2016. Poi la candidatura è sfumata e allora sarebbe stato meglio cambiare strada. Adesso, se si vuole approvare questo testo va cambiato. O se muore non è poi un male». Di contrario pensiero il senatore del Pd Antonio Rusconi: «Come senatore che ama lo sport italiano, ritengo che questa legge abbia dei limiti, ma terminare ancora una volta la legislatura senza una legge sugli stadi è una grave sconfitta per la politica. Nei giorni scorsi sono intervenuti con un appello il presidente della Lega Calcio Beretta e numerosi presidenti e rappresentanti di club di serie A, ricordando come l’azienda calcio sia una delle dieci attività produttive più importanti del Paese. Ormai manca pochissimo tempo ed è necessaria l’approvazione di questa legge. Chi insiste ora su una legge migliore, in realtà non vuole approvare questo strumento, migliorabile rispetto a così com’è, ma indispensabile per il futuro del calcio italiano».
Ma cosa prevede il testo? Perché alcuni presidenti di squadre di calcio, come Claudio Lotito, spingono per l’approvazione? Primo vantaggio, di tipo burocratico: impone ai Comuni di dare il parere sui progetti che vengono presentati entro un anno. Ciò snellisce la procedura burocratica e dà maggiori certezze a chi vuole investire. Secondo vantaggio, di tipo economico: è possibile costruire con lo stadio e dentro l’area di competenza ciò che rende economicamente sostenibile l’investimento (dai centri commerciali ai musei).
Una soluzione nata dal principio per cui l’impianto utilizzato solo per gli eventi sportivi non sarebbe riuscito a ripagare l’investimento iniziale in tempi accettabili per il mondo dell’impresa. È soprattutto questo secondo aspetto a frenare l’iter legislativo. L’anima ambientalista del Partito democratico (Ranucci, Della Seta e Ferrante), considera il testo troppo esposto al rischio di speculazione edilizia. «Bisogna evitare – spiega Della Seta – che la costruzione degli stadi sia lo specchietto per le allodole che porti a fare altro. Non è un caso se alcuni presidenti delle società di calcio fanno anche gli immobiliaristi». Tra le decine di emendamenti presentati, ci sarebbe però una soluzione, anzi un compromesso, che potrebbe accontentare i «verdi» dei Democratici: istituire un indice di rapporto tra l’area dello stadio e quella a uso residenziale.
Così sarebbe garantito un argine alla cementificazione. Ma seppur si trovasse il modo di accontentare una parte politica, anche il Pdl fa le sue richieste. Il nodo del centrodestra si concentra su una norma della legge inserita alla Camera: nonostante tutti i progetti saranno approvati all’unanimità dalla conferenza dei servizi, le sovrintendenze potranno porre il proprio vincolo in ogni momento. È chiaro che nessun imprenditore investirebbe in un settore dove, dopo aver ricevuto l’approvazione del progetto, rischia il blocco del cantiere per un vincolo ulterioreposto, ad esempio, dal Ministero dei Beni culturali. Su questo tasto preme Claudio Lotito che vuole cancellare con un emendamento la norma adottata a Montecitorio.
I due punti appena elencati sintetizzano le decine di emendamenti presentati in commissione Cultura al Senato.Sono due questioni che hanno provocato la paralisi. La legge sugli stadi resta bloccata. In assenza di una volontà politica, da ambo le parti, non si procederà con l’approvazione. Il tempo stringe. Anzi, siamo agli ultimi secondi dei tempi di recupero. La legislatura sta per chiudersi e il lavoro in Parlamento (tranne clamorosi colpi di scena o un intervento dell’esecutivo) preme su altri fronti. Il funerale del testo per favorire la costruzione dei nuovi impianti è già iniziato.