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IL TEMPO Tre punti al veleno

Massimo Cellino

(A. Austini) – Venti punti in classifca, tre conquistati sul campo lunedì, altri tre confermati «a tavolino» ieri, l’ennesima polemica da gestire. La Roma si tiene stretti i risultati positivi che la tengono in corsa per l’Europa e preferisce non scendere al livello di Massimo Cellino. Alla vittoria ottenuta sul Torino si è aggiunta la conferma dello 0-3 di Cagliari (la partita non giocata il 23 settembre) da parte della Corte Federale. La stessa aveva sospeso il giudizio, dando mandato alla Procura federale di effettuare un supplemento istruttorio: la condotta impropria di Cellino, che invitò i tifosi all’Is Arenas con un comunicato sul sito del club nonostante fosse considerato inagibile, è stato ritenuto «provocatorio» e «causa diretta ed esclusiva dell’impedimento alla regolare effettuazione della gara».

La confusa ricostruzione del Cagliari non ha convinto i giudici, per scrivere la parola fine sulla vicenda ci sarà però bisogno di un ulteriore tempo supplementare: il club sardo ha preannunciato il ricorso all’Alta Corte del Coni, da presentare entro 30 giorni, e al Consiglio di Stato in sede di giustizia ordinaria. Intanto il presidente sardo, ascoltato ieri anche sui fatti di Cagliari-Catania e passibile di ulteriori sanzioni insieme al club, per la gara con la Roma, l’ha presa malissimo e ha continuato a gettare fango sul club giallorosso. «Oggi è morta una grande parte della mia anima sportiva. Con questa sentenza lo sport non c’entra nulla – ha commentato Cellino – dovrò ripensare il mio impegno nel club dopo 21 anni. La Roma preferisce prendersi i tre punti a tavolino, il mio unico difetto è non essere rappresentato da una banca e non avere il loro peso politico». Ancor più pesanti le affermazioni del patron rossoblù all’entrata per l’udienza, dove è stato ascoltato di nuovo in compagnia dell’avvocato Grassani, mentre la società giallorossa era rappresentata dall’ad Fenucci e i legali Baldissoni e Sticchi-Damiani.

«Io voglio bene alla Roma anche se voglio sapere di chi c… è la società. Prima sapevo che c’era Franco Sensi, poi Rosella, ma adesso? C’è un presidente?». Sì, è James Pallotta e in America, dove spesso soggiorna Cellino, non è proprio uno sconosciuto. «Ma io non l’ho mai visto. Baldini? Non me lo nominate. Io sono il presidente e ci metto la faccia, invece la Roma è una società astratta. È di Unicredit? Allora è la banca che vuole trarre vantaggio da un malinteso. Noi al ritorno non veniamo a Roma se a loro servono altri tre punti». La replica è affidata a Fenucci. «Non abbiamo bisogno di regali da nessuno – sottolinea il dirigente romanista – abbiamo solo chiesto il rispetto delle regole. Cellino? Lui quando parla con me, Baldini e Pannes sa di parlare con la Roma. Lo dice anche Lotito? Lasciamo perdere». Già perché pure il presidente laziale si è messo di nuovo in mezzo. «Le partite vanno giocate, così viene meno il principio della par condicio». Da Trigoria non aggiungono altro. Bastano e avanzano gli insulti di Cellino per l’ennesima figuraccia del calcio.

 

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