(A. Serafini) – Quando a Roma si parla di Zeman, l’amore e la paura corrono sullo stesso filo: soprattutto quando l’aria del derby comincia a intasare una lunga settimana di attesa. Perchè da una panchina all’altra, l’esperienza del boemo nella capitale ha trascinato con sé un’infinità di ricordi legati alle contraddizioni del suo primo percorso in giallorosso. Il cavallo di ritorno della seconda stagione della Roma americana lascia spazio quindi alle brutte esperienze che hanno accompagnato le travagliate stracittadine giocate alla fine degli anni 90. Il salto da una sponda all’altra del Tevere, fu l’unico davvero perdonato emai contestato da entrambe le tifoserie, unite nelle ideologie di un tecnico sempre pronto a battagliare contro un sistema calcio definito marcio e corrotto. Ma, come spesso accade, il terreno di gioco e i conseguenti risultati, sono gli unici ad essere veramente mai dimenticati. E ad un passo dalle affascinati sfide del presente (Lamela e Osvaldo da un parte, Hernanes e Klose dall’altra), sembra impossibile non approcciarsi alla stracittadina con le stesse paure del passato.
L’anno dei quattro derby persi (era il ’97-’98) rimane scolpita nella testa del popolo romanista ancora come una delle pagine più nere vissute. Due sfide di campionato senza storia (3-1 all’andata, 2-0 al ritorno) da sommare all’ironia del destino che decise di far affrontare le due rivali anche nei quarti di Coppa Italia.
Stesso triste epilogo a favore dei biancocelesti che si imposero per 4-1 e 2-1. Quattro mazzate consecutive, per un allenatore che nella sua prima esperienza romanista continuarono a pesare. Un giovane Francesco Totti e uno scatenato Delvecchio non bastarono nella stagione che comunque regalò uno splendido quarto posto finale in classifica, ma che certificava la nascita di quella che sarebbe stata una Lazio spietata e travolgente anche in Europa. Il fardello di uno smacco così cocente, trova lieve sollievo l’anno successivo quando Zeman riesce con una rimonta al cardiopalma a centrare un pareggio tanto sofferto quanto desiderato. Il 3-3 finale firmato da Francesco Totti (il suo primo gol contro i cugini biancocelesti) aprì il terreno all’unica vittoria che il boemo riuscì a centrare prima di un esonero, che successivamente diede vita all’ era capelliana. Una magra consolazione finale per il tecnico, che sancì però la fine di una serie troppo negativa per essere ricordata a Trigoria.
«Il vi ho purgato ancora» di Totti per il 3-1 finale consegnò a Franco Sensi la consacrazione del suo uomo leader, che affiancato dai vari campioni di turno arrivati nelle due stagioni successive approdarono nell’ultimo titolo di campioni d’Italia. Un imprevisto a pochi passi dal traguardo per Zeman,chenella sua carriera ha sempre sfiorato l’obbiettivo più grande senza però mai centrarlo del tutto. Oggi «Sdengo», pensa che la sua Roma sia un’altra storia, potenzialmente più competitiva. Per scrollarsi di dosso più che altro, un’etichetta che a Roma continua a valere tanto, forse troppo.