(M. Pinci) – «Per fortuna pioveva, altrimenti ne avremmo presi altri due». La battutaccia gracchiava mercoledì notte dagli spogliatoi, all’uscita dal Tardini: la fotografia del momento della Roma, dopo la seconda debacle nel giro di tre giorni. I pezzi del puzzle che Zdenek Zeman non riesce a completare somigliano sempre più alle schegge di un vaso rotto. «Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità », ha avvisato ieri il boemo, nel consueto confronto dopo partita con i giocatori. Rimproverando uno per uno gli errori commessi, in particolare a Dodò, Castan, De Rossi: unica risposta, il silenzio. Francesco Totti aveva denunciato a caldo come la squadra faccia «soltanto il 50 per cento di quello che chiede l’allenatore». Un modo per ridistribuire all’interno del gruppo le colpe imputate a Zeman. Ma che ad alcuni compagni sono piaciute poco. L’ennesima dimostrazione dei tanti fronti aperti tra le mura di Trigoria, dove si allena una squadra che, a quattro mesi dall’inizio dei lavori, dimostra di aver assorbito soltanto in minima
parte le idee zemaniane.
Parlare di scetticismo, e di inevitabile agitazione, non è più esagerato. Schegge di quel nervosismo si respiravano ampiamente anche negli spogliatoi di Parma, tra giocatori «adrenalinici» e il silenzio dei dirigenti. Che adesso dovranno gestire il rischio di un secondo flop consecutivo dopo quello di Luis Enrique. A differenza dell’asturiano, però, l’allenatore di Praga rischia di vedere esaurire il credito di fiducia ben prima della fine della stagione. La convinzione dei vertici di Trigoria di puntare su di lui d’altronde era fragile fin dal momento della scelta: non è un mistero che le primissime idee (Emery, Montella, Villas Boas) fossero altre. E più del Palermo domenica, a pesare sul futuro dell’allenatore è il derby, tra poco più di una settimana. Un match che rischia di mettere Zeman di fronte a una porta scorrevole del destino: in caso di sconfitta con la Lazio nessuno scenario potrebbe essere escluso. Neanche un traumatico addio, nonostante da Trigoria continuino a scandire il ritornello per cui «il mister non si tocca».
Ieri però Baldini e Sabatini si sono intrattenuti a lungo con lui, per capire se ha ancora il polso della squadra e l’occhio sui problemi. Ma dai proprietari americani filtra una certa delusione, dopo i 110 milioni spesi in 2 anni sul mercato, e anche all’interno della squadra cresce il partito degli scontenti, con l’acquisto boom Destro – neanche un minuto a Parma, 375 appena in campionato – ultimo iscritto.
La sensazione però è che anche i vertici abbiano colpe marchiane: gruppo male assortito, con uomini inadatti a Zeman, in alcuni casi anche sopravvalutati (il copyright è di Baldini). «Quando vincevamo i giocatori erano altri», il messaggio per nulla velato spedito da Totti ai manager. Il risultato: la peggior difesa del campionato con 19 reti incassate in 9 gare, mai così male da 62 anni, e una classifica che senza lo 0-3 (sub judice) di Cagliari farebbe paura. Aver schierato la squadra più giovane del turno infrasettimanale, dietro soltanto al baby Pescara, è una medaglia che nessuno, nella polveriera Trigoria, ha il coraggio di appuntarsi.