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REPUBBLICA.IT I politici, lo sport e le leggi dimenticate
(F. Bianchi) –La legge sugli stadi (anzi, sull’impiantisca sportiva) è stata approvata dal Senato il 7 settembre 2009, poi è rimasta impantanata per tre anni alla Camera e ora è ritornata al Senato dove rischia di essere affondata definitivamente. Lo sanno, questo, i politici che, in vista di primarie (domenica quelle del Pd) e di elezioni parlano, anzi riparlano, di sport? Di solito i politici sono molto attenti quando devono chiedere i biglietti omaggio alle società di calcio ma distratti quando devono occuparsi (seriamente) di sport. Il governo Monti ha un ministro dello sport, è vero, ma senza portafoglio: e Gnudi, pur animato di buona volontà, ben poco ha potuto fare in questi mesi. L’unica cosa positiva è che almeno il Coni ha salvato il finanziamento, non più automatico, per lo sport (circa 410 milioni di euro): altrimenti, con un taglio radicale, sarebbe stata notte fonda. Ma per il resto la legge sugli stadi, come si è visto, rischia di affondare dopo le picconate dell’area ambientalista del Pd (vedi Spy Calcio del 18 novembre); la riforma della legge ’91 (del 1981) è allo studio da anni; il disegno di legge (sempre del Pd, a cura dell’onorevole Giovanni Lolli) per difendere i marchi dei club ed evitare il prosperare delle magliette taroccate è finito in un cassetto della Camera; l’altro disegno di legge (ancora del Pd, firmato dal senatore Raffaele Ranucci) per mettere un limite ai mandati, “massimo due”, e rinnovare così l’apparato sportivo si è perso.
Le sa queste cose Bersani? Gliel’hanno dette? Bersani ieri a Novantesimo Minuto su Rai Sport 1, nuova trasmissione condotta da Enrico Varriale, ha detto che per la legge sugli stadi “ci vuole la garanzia di tutela urbanistica”. Stessa preoccupazione di Laura Puppato. Ma perché non ne parlano con i “loro”, con Lolli e Rusconi che sono favorevoli alla legge e con Della Seta e Ranucci che sono contrari? Il partito non ha certo una posizione unitaria. Gianni Petrucci, invitato alla trasmissione Rai, ha detto con chiarezza: “I politici non devono fare le dichiarazioni: facciano le leggi e noi ne prenderemo atto”. La Rai comunque ha avuto il merito di farci sapere cosa di pensano di sport i cinque candidati alle primarie Pd (poi toccherà a quelli del Pdl?), e ne sono venute fuori cose interessanti e anche divertenti. Bersani ha come idolo Bubka (ma ha confuso il nome e l’ha chiamato Burka…), Vendola da giovane andava allo stadio “ma per la verità dopo i primi secondi mi allontanavo e raccoglievo cicorietta selvatica”. Bersani è un camminatore, Renzi (ex arbitro) ogni tanto va a correre. Tabacci va in bici, la Puppato ha praticato il calcio, lo sci e il nuoto”. Renzi ha detto: “Non credo debba essere solo il Coni a dover investire nelle strutture sportive. L’investimento pubblico nello sport deve passare innanzitutto dal liberare risorse per i Comuni e gli enti locali, magari allentando le dinamiche nel patto di stabilità per chi investe negli impianti sportivi, chi investe in impianti sportivi investe nel nostro futuro.”. Inoltre propone di “portare molto di più lo sport dentro la scuola” (ma che ha fatto il governo sinora, anche il governo di centrosinistra?). Buoni propositi e tante parole: vedremo i fatti del prossimo governo.
Elezioni Coni: per vincere ci vogliono almeno 39 voti
Ci vorranno almeno 39 voti per diventare presidente del Coni, il prossimo 19 febbraio: a votare saranno in 76, i candidati sono tre (Pagnozzi, Malagò e Gambino). Il Coni ha pubblicato oggi sul suo sito (www. coni. it) un interessante “speciale”, una guida per spiegare tutti i dettagli dell’assemblea elettiva. Le candidature andranno ufficializzate entro le ore 14 del 30 gennaio. Da ora scatta la lunga volata elettorale, ma le previsioni si potranno fare solo più avanti, quando si conosceranno tutti i nomi dei votanti (le ultime elezioni dei presidenti regionali sono previste il 7 febbraio).
Crisi a Gaza, spostata a Roma assemblea comitati olimpici europei
A causa dell’escalation della crisi nella striscia di Gaza, la prossima assemblea generale dei Comitati Olimpici Europei non si svolgerà più in Israele ma a Roma. Lo ha deciso il Comitato Esecutivo del Coe che ha dovuto prendere atto con rammarico dell’attuale situazione in Medio Oriente, spostando la sua riunione annuale dalla città israeliana di Eilat a Roma, scelta in quanto sede del quartiere generale del Coe. Il presidente del Coe, l’irlandese Patrick Hickey, ha spiegato che “molti Comitati Olimpici erano preoccupati per la sicurezza dell’evento e non erano certi di partecipare all’Assemblea”. Così è maturata la decisione di trasferire tutto a Roma e affidare al Coni l’organizzazione, confermando le stesse date inizialmente previste in Israele (7 e 8 dicembre). Il segretario generale del Coni, Raffaele Pagnozzi, che è anche segretario generale del Coe, ha già messo in moto la macchina organizzativa per far fronte alle esigenze logistiche e burocratiche degli oltre 400 delegati dei 49 Paesi previsti in arrivo. Alla 41a assemblea del Coe è annunciata la partecipazione, tra gli altri, del Presidente del Cio, Jacques Rogge.
I dati di ascolto di “Novanta Minuti” e delle trasmissioni Rai
“Novanta Minuti”, la nuova trasmissione di Rai Sport 1 condotta da Enrico Varriale, ieri è stata dedicata ai cinque candidati alle primarie del Pd: la prima parte, dalle 17 alle 17,45, è stata vista da 61.000 spettatori (0,49% di share); la seconda, dalle 18,13 alle 19,13, da 48.000 spettatori (0,28% di share). Ieri, per un disguido, abbiamo pubblicato i dati di ascolto errati delle trasmissioni Rai di domenica scorsa: ci scusiamo con i lettori e con gli interessati. Ecco gli ascolti esatti. Stadio Sprint ha fatto 1.739.000 telespettatori, con il 9,88 di share. Novantesimo Minuto quasi 3 milioni di spettatori (esattamente 2.877.000; share 14,33%): la concorrenza di Simona Ventura non si fa sentire. La Domenica Sportiva 1.683.000 spettatori, 11,91%: meglio dello scorso anno. Non è andata in onda invece la trasmissione di Carlo Paris perché in concomitanza con il Gp di Formula 1.
Mercoledì consiglio Figc: se salta la riforma della Lega Pro è il caos
Ultime febbrili trattative fra la Lega Pro e l’Aic, il sindacato calciatori: mercoledì si tiene il consiglio federale della Figc che deve decidere se approvare la riforma del campionato proposta dalla Lega Pro (dal 2013-’14 solo 60 club, divisi in tre gironi). E’ l’ultima data possibile, altrimenti la riforma slitterebbe ancora, e chissà a quando. Molto si è speso il presidente Figc, Giancarlo Abete che ben conosce il mondo dell’ex serie C. Ma il sindacato calciatori ora punta i piedi, quando sembrava che l’accordo fosse stato raggiunto. Al termine dell’assemblea dei rappresentanti Aic delle squadre di Lega Pro, che si è svolta a Milano, i 54 calciatori presenti hanno ribadito la ”contrarietà a qualsiasi ipotesi di riforma dei campionati che non contempli anche nuove disposizioni sugli aspetti tecnico-sportivi dei futuri campionati”. In particolare è stata espressa la ”ferma opposizione alle norme che attualmente distribuiscono le risorse in base all’obbligatorietà in campo e al minutaggio dei giovani”. La tesi dell’Aic, con la riduzione a 60 squadre (una volta erano addirittura 90…), è che l’impiego di giovani calciatori va incentivato, però non con obblighi: ma anche che l’attuale norma porti all’impiego di ragazzi non pronti e poi ceduti a fine stagione. ”Attualmente – spiega il vicepresidente Aic, Umberto Calcagno – vige l’obbligo della presenza in campo di due calciatori in 1a Divisione e di tre in 2a: quest’anno si tratta dei giovani nati nel 1992. Noi da sempre contestiamo l’obbligatorietà in campo e siamo sempre stati a favore delle seconde squadre”. La Lega Pro però di seconde squadre non ne vuole sapere. “Noi abbiamo fatto il possibile”, ci ha detto Francesco Ghirelli, dg della Lega Pro. “E abbiamo fiducia nel buon senso dei calciatori”. Importante domani sarà la mediazione di Abete. In Lega Pro troppe società sono fallite in questi anni, troppe sono penalizzate sia per il calcioscommesse sia perché non pagano (o pagano in ritardo) gli stipendi. Damiano Tommasi lo sa benissimo. Se salta la riforma, c’è il rischio del caos. E domani è l’ultimo giorno utile…