(A. Sorrentino) – Pare proprio che non s’abbia da fare, il matrimonio tra l’Inter e i nuovi partner cinesi. Le carte, ossia le pubblicazioni, sono pronte e firmate da agosto, ma da allora molte cose sono cambiate, ci sono stati troppi intoppi e complicazioni, al punto che l’accordo starebbe per saltare, anche se le parti per ora smentiscono seccamente. E per accordo si intende quello che avrebbe portato alcuni investitori cinesi a entrare nel capitale dell’Inter con una quota del 15%, valutata circa 55 milioni, ma anche quello che prevedeva la partecipazione della China Railway Construction Corporation (Crcc) alla costruzione del nuovo stadio di proprietà del club nerazzurro. Salterebbe tutto, insomma, con ovvio danno – d’immagine e non solo – per l’Inter, anche se in questa storia per certi versi ancora oscura non sono chiare, né forse lo saranno mai, molte cose.
Comunque già a settembre si era cominciata ad avere la sensazione che la faccenda non stesse procedendo al meglio: il closing dell’accordo, dato per imminente, anzi per già fatto, nei primi dieci giorni di agosto, in realtà non si era mai verificato, anche se la maggior parte dei documenti preparatori erano stati firmati e controfirmati da avvocati e manager che avevano seguito la trattativa. Tutta la storia in sé non era partita benissimo, almeno da quando alle 22.42 del 1° agosto scorso l’Inter annuncia di aver raggiunto “un accordo che prevede l’ingresso di un gruppo di investitori cinesi nel capitale di F. C. Internazionale SpA” e contestualmente un accordo con la China Railway Construction per la costruzione di un nuovo stadio. L’Inter fa anche sapere che nel mese di ottobre sarebbero state cooptate nel Cda tre persone, “la Signora Kamchi Li, il Signor Kenneth Huang e il Signor Fabrizio Rindi”. Le sintesi giornalistiche parlano dunque di un accordo tra l’Inter e il colosso di costruzioni cinese per nuovo stadio e ingresso nel club, ma già il 2 agosto arriva una secca smentita della China Railway, che è la sesta azienda di costruzioni al mondo, attraverso la Borsa di Shangai: “Non abbiamo mai avviato trattative per l’acquisto di quote dell’Inter”. Questo perché la legge cinese parla chiaro: le aziende pubbliche cinesi come la Crcc non possono effettuare investimenti con privati all’estero, da qui la smentita del colosso delle costruzioni e l’inizio degli scricchiolii del rapporto con l’Inter. Pare infatti che i dirigenti della China Railway non abbiano gradito, all’epoca, l’eccessiva pubblicità data in quei giorni all’affare da parte dell’Inter, anzi si dice che non l’abbiano gradito affatto.
Nel frattempo dei tre investitori che avrebbero dovuto essere cooptati nel Cda si smarriscono le tracce ben presto, e chi riesce a parlare con loro riceve risposte evasive, infastidite e distanti, come se dell’affare sarebbe meglio non parlare affatto, anzi mai più. Si apprende inoltre, da fonti interiste, che la vicenda sarebbe rallentata dalle complicazioni derivanti dalla legislazione cinese per il trasferimento di capitali cinesi verso un altro paese, e che queste complicazioni sarebbero acuite dal fatto che i famosi 55 milioni dovrebbero essere versati in più d’una branca della galassia societaria dell’Inter. Da fonti cinesi invece trapela ancora un certo fastidio per la pubblicità data a un accordo che ancora non è chiuso, senza contare che il fatto di dover entrare nel capitale sociale dell’Inter col 15% ma senza mai avere alcuna voce in capitolo, se non in fase di ripianamento delle perdite, non è esattamente un ruolo che ingolosisce gli “investitori”. All’inizio di ottobre, in ogni caso, è già chiaro che non ci saranno gli annunciati ingressi nel Cda, e infatti Moratti lo conferma nell’assemblea del 29 ottobre: “Ci sono lungaggini burocratiche, ma per Natale suppongo che ufficializzeremo l’accordo”.
Nel frattempo la China Railway si rende conto che anche la partecipazione alla costruzione del nuovo stadio è complicata e ritardata dalle lungaggini burocratiche italiane: per quanto il dg interista Marco Fassone si stia impegnando per trovare la zona adatta in cui piazzare l’impianto (San Donato a sud di Milano o Sesto S. Giovanni a nord le aree più gettonate, ma non sono le uniche), la burocrazia impone tempi lunghissimi per avere assensi e permessi, e la cosa alla Crcc comincia a non piacere più. Un viaggio in Cina di Fassone, dieci giorni fa, pare che non porti esiti positivi, e il tutto è rallentato dal congresso del Partito Comunista cinese che si sta concludendo in queste ore. Ora la situazione è in una fase di stallo, per non dire che le parti sono piuttosto distanti e non sembra si possano avvicinare, a meno di colpi di scena al momento non preventivabili. Era parso da subito un matrimonio difficile, quello tra l’Inter e i cinesi, e infatti pare proprio che non si farà. Con la sensazione, antipatica, che la sposa mollata sull’altare sia l’Inter.