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SPORTECONOMY A.s. Roma: è finito il sogno firmato Zeman

Zdenek Zeman

L’amore per il calcio-spettacolo di Zeman finisce nel nubifragio di Parma, ieri sera al Tardini. In un campo al limite del praticabile (ma è bene ricordarlo lo stesso valeva per i giocatori gialloblù) la Roma di Totti & soci mostra palesemente tutti i suoi difetti. L’idea di una squadra capace di divertire i propri tifosi è definitivamente tramontata, dopo l’ennesima sconfitta. C’è anche l’aggravante di essere andati in vantaggio per primi. Con la pioggia poi il peso (in termini di kg) maggiore dei giocatori parmensi è diventato ancora più evidente. Dei panzer opposti a delle piume. Ad eccezione di Lamela, la squadra capitolina non è riuscita più a vincere un contrasto, a recuperare un pallone. L’A.s. Roma, dopo la partita persa con l’Udinese, è riuscita a lanciare in vetta alla classifica anche il Parma, che, a dire la verità, non aspettava che questo.   Da salvare solo due giocatori: Francesco Totti e Lamela (ieri tra l’altro ha realizzato un gol di pregevole fattura). Poi il buio in tutti i reparti, con una difesa inguardabile e sicuramente non da serie A. Ma la colpa non è di questi calciatori, ma di chi li ha scelti e messi in campo. La colpa è sicuramente da dividere con il mister boemo, ma anche la sua scelta è stata una priorità assoluta dell’attuale dirigenza (sempre meno amata dai tifoseria). Il sogno americano si è sciolto al sole. Siamo a nemmeno un terzo di campionato ed è già finito (a 14 punti dalla prima). Nemmeno nell’era Sensi, con una società in palese difficoltà economica (come nell’ultimo periodo) si era visto un disastro del genere.  Gli americani avranno anche le idee chiare sul fronte business, è indiscutibile, ma di calcio ne masticano veramente poco (ne capiscono invece di basket e NBA) e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, a meno che non ci si voglia girare dall’altra parte per ragioni che non conosco. Da domani, vederete, si tornerà a parlare di stadio, perchè certamente di calcio è stato detto tutto e forse è meglio stare zitti.  Ma dobbiamo aspettare i 3,5-5 anni di cui ha parlato Pallotta, per tornare a vedere una Roma forse competitiva? Speriamo di no, perchè la “piazza capitolina” non ce l’ha tutto questo tempo. Servono investimenti importanti, un nuovo tecnico (il revival Zeman è finito ieri al Tardini), giocatori importanti e di peso. Ma dove sono questi soldi per comprarli, se già si parla di una ricapitalizzazione (come anche sottolineato dal quotidiano della Confindustria, IlSole24Ore) a breve per sistemare i conti e la cassa? Questo club sta diventando il “Vietnam” degli americani, un frullatore di soldi, bruciati per comprare calciatori, spesso di difficile lettura (a parte il DS Sabatini, che li conosce tutti, invece), e di scarso rendimento in campo. Questa sì, per il momento, è l’unica certezza. Speriamo che qualcosa cambi, ma non vediamo proprio i fondamentali per realizzare il cambiamento. Al 90% l’A.s. Roma, a meno di un miracolo, non andrà per il secondo anno consecutivo in Champions. Una mannaia sui conti e una mancanza di liquidità che serve soprattutto per attivare nuovi progetti. Ultimo tema: lo stadio. Pallotta lo sventola come la soluzione di tutti i mali. Ma siamo così sicuri che c’è una volontà comune a Roma nel costruirlo? A noi risulta l’esatto contrario, magari ci sbagliamo. Sarà un altro Vietnam, nel segno di una burocrazia e politica romana, sempre più difficile da gestire.  Di una cosa sono certo: gli americani non sono venuti a regalare i soldi a questa città, vogliono fare business (la passione ce l’aveva solo Franco Sensi). E se tra 3 anni si accorgessero che non si può fare lo stadio, siamo così certi, al mille per mille, che rimarranno in Italia? Io questa certezza non ce l’ho, anzi. Sono americani, ma di sicuro non scemi. Unicredit è avvertita!

Fonte: SportEconomy

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