Quest’oggi, presso Palazzo dei Congressi a Roma all’Eur, si sta tenendo l’incontro “Passione contro business: il calcio del terzo millennio“. All’incontro presente anche il Dg della Roma Franco Baldini, oltre al giornalista de “La Repubblica” Marco Mensurati, Gianfrancesco Turano dell’Espresso e l’attore Valerio Mastrandrea:
Di seguito le parole del dirigente giallorosso:
“Il calcio dell’ultimo decennio va sempre più verso che è quello che è comunemente detto intrattenimento, con questa visibilità le agente capiscono che c’è un veicolo più facile di giornali e spot televisivi per avere visibilità e questo cambia le regole del gioco e l’approccio, ognuno può mettersi in gara in una nuova dimensione e per questo c’è bisogno di allestire squadre forti. Questo ha creato un circolo vizioso e si è rivolta l’attenzione all’appeal della squadra e meno alla fede, le cose si sono un po’ snaturate. E’ normale che la passione rimanga sempre, ma è sempre meno sport e sempre più spettacolo”.
Il direttore generale ha poi ricordato la passione di Franco Sensi per i colori giallorossi:
“Franco Sensi fu quasi costretto a prendere la Roma e piano piano se ne innamorò. La passione per il calcio è strana, un mese prima non sai cos’è, un mese dopo sai tutto. Il calcio è la lingua multinazionale, se vai in un bar e pronunci il nome di un calciatore famoso, tutti prendono la parola. Franco Sensi era stato talmente tanto coinvolto dall’amore per la squadra che ha capito che avrebbe guadagnato l’immortalità vinvendo lo scudetto. Non ho mai visto una persona più felice di Franco Sensi il giorno dello scudetto.
“Io sono quello che sono diventato non quello che ero, non avevo la dimensione, dicevo che secondo me un giocatore era bravo o no, sono diventato dirigente con lui. E’ stata un’esperienza fondamentale, ma non era quella che mi avrebbe portato a diventare manager. Mi chiamavano Dottore, ma non lo ero. Poi alla tenera età di 41 anni, in 4 anni, mi sono laureato.”
Infine un’analisi sul percorso della Roma e le aspettative di Pallotta:
” La seconda fase è questa dove ci sono degli americani che vedono non tanto la possibilità di fare business. Ho chiesto perchè voleva la Roma, Pallotta mi ha risposto che voleva fare qualcosa in Italia. Gli dissi che c’erano da fare investimenti almeno all’inizio lui mi rispose che la Roma era un marchio sottovalutato e che lui il business lo fa con fondi di investimento. La banca è un partner della Roma, non c’è reale differenze di comportamenti. La banca nei confronti della Roma quando c’è da fare la banca la fa.. Le banche hanno sempre finanziato. La banca ha consentito a questa società di essere ancora una società e giocare in serie A.”
Fonte: vocegiallorossa