Torna la rubrica di GazzettaGialloRossa.it “IL MIGLIORE E IL PEGGIORE“. Come nella passata stagione offriremo un’analisi delle prestazioni del calciatore che ha maggiormente brillato e di quello che, invece, ha convinto meno nelle gare della As Roma.
Rabbia, delusione, nebbia e soprattutto zero punti in tasca. Con queste parole si potrebbe racchiudere la trasferta veronese della Roma contro un attento Chievo Verona. I ragazzi di mister Zeman non riescono a dare seguito alle vittorie dell’ultimo mese, interrompendo un filotto che aveva dato morale, fiducia e consapevolezza di poter lottare per il terzo posto. Giocare al “Bentegodi” per la Roma, nelle ultime due stagione, è stato un tabù: è dal 16 maggio del 2010 che i giallorossi non vincono (l’illusione scudetto regalata dai gol di De Rossi e Vucinic) e anche ieri la sorte e, soprattutto la nebbia, non sono stati dalla parte di Totti e compagni. Contro un Chievo ben messo in campo da Corini, la compagine capitolina sbanda e non riesce a portare a casa un pareggio che, per come si era messa la partita, sarebbe stato un ottimo risultato. Finisce uno a zero per i clivensi, la Roma dopo 229 giorni non segna nemmeno un gol, e, come ciliegina sulla torta, contro il Milan mancheranno Castan (squalificato) e Marquinhos (distorsione alla caviglia).
IL MIGLIORE:
Da elogiare sicuramente la prestazione di Ivan Piris. Anche contro il Chievo il paraguaiano è tra i migliori, o perlomeno, tra quelli che non combinano troppi guai: corre, spinge, attacca e difende (cosa che difficilmente aveva fatto nelle sue prime apparizioni con la casacca giallorossa). Sta crescendo il giovane terzino sudamericano, frutto anche della consapevolezza che sta acquistando dopo un complicato ambientamento nel calcio nostrano. Zeman crede in Piris e l’ex San Paolo sta dimostrando di essere una freccia duttile a disposizione del boemo. Flecha
IL PEGGIORE:
Scontato ballottaggio tra Tachtsidis e Bradley. Ancora una volta sono loro due le note negative della Roma sconfitta per la sesta volta in stagione. Il greco, o meglio ancora la “cosa greca”, non ne azzecca una, sbaglia tutto o quasi e dimostra di non essere un calciatore da grande squadra: lì in mezzo al campo deve giocare chi il calcio lo conosce, chi il campo l’ha visto più di 400 volte, chi nel bene e nel male è considerato un campione (anche del Mondo) con la c maiuscola (ogni riferimento è puramente voluto…). Per quanto riguarda Bradley invece è diverso il discorso: lo statunitense ci mette l’anima e corre per quattro nella sfida contro i suoi ex compagni, ma alla lunga escono fuori le sue doti tecniche non eccelse e i suoi limiti tattici. “Meriterebbe” un capitolo a parte l’arbitro Bergonzi da Genova, ma, detto tra noi, a chi a ventiquattrore di distanza va ancora di sentir parlare del tanto chiaccherato fischietto ligure?
Nicolo’ Ballarin