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IL ROMANISTA De Rossi, il mare di Verona

Daniele De Rossi

(D. Galli) – C’è un mare su Verona, un mare di pioggia dopo la neve, oggi al Bentegodi c’è il mare di Roma, c’è De Rossi. Zeman potrebbe preferirlo a Tachtsidis là in mezzo, al centro del centrocampo, al centro del cuore di Zemanlandia, punto di raccordo tra difesa e attacco, snodo cruciale del traffico romanista. C’è De Rossi, probabilmente, forse, chissà, perché Zeman ha più frecce al suo arco, ha una Roma mostruosa ovunque, doppia e a volte tripla, ha più soluzioni perché ha più fuoriclasse. Però De Rossi viene da una prestazione alla De Rossi, viene da una partita dove ha fatto quello che gli chiede il Maestro.

Con la Fiorentina era subentrato al greco, adesso potrebbe accadere il contrario: Taxi non fa il driver, siede in panca, gioca Daniele, capitan Futuro e uno dei due anelli di congiunzione – l’altro è l’Eccelso, il 10 – tra i romanisti e la squadra. «A parte che ha preso un pestone, penso che Daniele stia bene». Assume un valore particolare il semaforo verde di Zeman in conferenza stampa. Perché l’allenatore non si limita a dire che «sta bene fisicamente». Va oltre. Dice, rivela, promuove: «Sta bene anche di testa, che è più importante». E quando gli chiedono cosa voglia dire, il Maestro precisa, rivela e promuove ancora più nettamente: «Significa che ora partecipa attivamente all’allenamento». La ragione, però, può essere prettamente tattica: «Dovremo giocare più lunghi del solito», spiega Zeman quando il discorso cade sulle pessime condizioni del Bentegodi. Occorre uno che sappia allungare la squadra. Uno come Daniele. Oltre a De Rossi non c’è di più.

O meglio sì, c’è Totti. Il leader dell’attacco, la pedina indiscussa dello scacchiere, forse l’unica indiscussa. Compagno di reparto, dalla parte opposta, Francesco potrebbe ritrovarsi Pjanic invece di Lamela. Zeman sembra ormai considerarlo esterno offensivo, non più intermedio. In conferenza, il Maestro parla di equilibrio. «Soprattutto in fase difensiva dove Pjanic aiuta di più», spiega. Il che porta a immaginare una linea composta da Pjanic, uno tra Osvaldo e Destro e Sua Maestà a sinistra, ma a sinistra per modo di dire: parte lì, poi s’accentra e fa quello che vuole. Perché lui può e gli altri “non può”. Passo indietro. E a centrocampo? Oltre a De Rossi per un romanista-romanista-romanista non c’è di più, o meglio sì, ripetiamo, c’è Totti. Però servono altri due uomini. Uno è il motorino Florenzi, quasi un intoccabile se questa definizione non si addicesse per antonomasia al “King” (is not dead). L’altro potrebbe essere, e la percentuale è discretamente alta, l’ordinato Bradley, che partita dopo partita, ma soprattutto allenamento dopo allenamento, scala posizioni nella hit parade.

E in difesa? È la solita. Piris a destra, MarquinhosCastan, sulla fascia sinistra Balzaretti, perché Dodò continua ad essere lontano da una condizione necessaria e sufficiente per giocare dall’inizio. In porta, Goicoechea sembra leggermente più avanti di Stekelenburg. Questione di decimi. Oggi però non si disegnano gerarchie, oggi non conta chi para, basta che pari. Oggi gioca e conta solo l’As Roma. Punto. Anzi, tre punti.

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