Nel 2012 la panchina della Roma ha ospitato due uomini agli antipodi su tanti aspetti, a partire dall’età, ma uniti dalla voglia di imporre il proprio calcio agli avversari.
Luis Enrique non ha retto il peso del primo incarico ad alti livelli. Difeso dalla società a dispetto dei risultati, amato dai giocatori ma, di mese in mese, sempre meno dai tifosi: così è stato lui a maggio ad arrendersi, lasciando incompiuto il «projecto» che tanto affascinava. Il suo calcio orizzontale ha prodotto poco e annoiato molto, così la Roma ha deciso di prendere la strada opposta: il gioco verticale e veloce di Zeman. A quindici anni di distanza dalla sua prima esperienza in giallorosso, grazie alla splendida cavalcata a Pescara il boemo si è riaffacciato sui palcoscenici da cui è stato estromesso per troppo tempo. A Trigoria gli sono serviti tre-quattro mesi per conquistare consensi dentro e fuori lo spogliatoio, ma il finale lo ripaga del lavoro. Merita almeno un 6, Luis Enrique non più di 5: la media tra i due allenatori è insufficiente.