(M. Bucciantini) – «Che fine ha fatto la legge sugli stadi? Mi appello al Parlamento perché la voti al più presto. Il calcio ha bisogno di riforme». La retorica domanda arrivò alle agenzie da Barbara Berlusconi, tre settimane fa. Parlava come membro del consiglio di amministrazione del Milan: per assicurare la continuità familiare alla guida della società, fra la prole Silvio ha pescato lei. A Barbara è successo un po’ come ad Alfano, che credeva di essere il leader del Pdl, e invece contava come il due di coppe a briscola. Il mazziere è Silvio, gioca con le carte truccate e non gli importa se al tavolo siedono figli o figliastri. La legge sugli stadi tre anni fa era cosa fatta, il testo licenziato dal Senato. Rimbalzato all’altro ramo del Parlamento, si era affievolito, per poi tornare piano piano, emendamento dopo emendamento, nel luglio di quest’anno, quando sembrava che alla Camera fosse stato trovato il giusto compromesso fra investimenti e ritorni per chi si accollava la costruzione dei nuovi impianti. sul crinale che divide una formula vaga (insediamenti per attività collaterali) a un timore concreto per questo Paese: speculazione edilizia. Per invogliare i proprietari delle società (e anche soggetti diversi) a spendere molti, moltissimi soldi e poter avere impianti moderni, comodi, adeguati, coperti, si mettevano sul piatto le cosiddette compensazioni. La possibilità di rientrare di parte dell’investimento attraverso attività residenziali, turistiche, commerciali che fossero comprese nel “pacchetto” stadio. Gli ettari necessari sarebbero stati valutati caso per caso, e inquadrati dentro la formula cos’ “estesa” alla Camera: «Ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario e inscindibile, purché congruo e proporzionato ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario..
Dunque, la legge c’è ma non si muove. Scavalcata da provvedimenti sempre e comunque più urgenti, in un Paese dove le infrastrutture sono datate e logore, ma nessuno le rinnova, nessuno le costruisce: strade, linee ferroviarie, porti, stadi: non fa differenza. Dopo Barbara Berlusconi s’era fatto sentire (per l’ennesima volta) il presidente del Coni Gianni Petrucci: -Il governo ha una grande occasione: lasciare all’Italia una legge importante, che produrrà effetti benefici per molti anni.. I dubbi li ha risolti il padre padrone di Barbara, di Alano, del Pdl, del Milan, del governo e di tante, troppe altre cose. Tutti a casa, non si fanno più leggi, né sull’incandidabilità dei politici condannati, né sugli stadi. Ovviamente, quest’ultima è vittima per effetto collaterale di un interesse personale, così come i destini di molte persone, mica solo i tifosi che vanno a prendersi l’acqua sulle gradinate di stadi vecchi (mediamente) 60 anni. Un altro dato: le presenze degli spettatori sono calate del 22% in quest’ultimi dieci anni.
L’alibi della concorrenza televisiva non regge: negli altri campionati europei, davanti alla stessa offerta delle tv a pagamento, le presenze sugli spalti sono aumentate. E anche le società mediaticamente più forti (Real e Barcellona) hanno già programmato ristrutturazioni pesanti ai loro gloriosi impianti. A Madrid l’obiettivo è massimo: Fare della Ciudad Real Macini! uno dei principali punti di riferimento per l’architettura mondiale, simbolo di avanguardia e di design..Potevamo esaltare la bella, piena, veloce prova della Roma, e incantarsi – ancora una volta, e non l’ultima – di Totti. E magari cercare di valutare la rimonta del Milan, che finalmente riesce a far correre e divertire i suoi attaccanti (e grazie a Robinho per quell’idea, sul gol del pareggio). Mentre ci saremmo risparmiati la parte nel coro sul ritorno di Conte, che non c’è mai parso sparire: alla sua settimana di lavoro si sono aggiunti solo novanta minuti perché la sua Juve sembra figlia di un lavoro profondo, quotidiano, sulla testa, sulle gambe, sui movimenti ripetuti e applicati. Ma nella domenica di campionato ci sono sembrati più forti, più tenaci, quei tifosi sotto la pioggia, con la tramontana in faccia, con la passione addosso.