(G. Mura) – Mettiamola così: l’anti-Juve ora è il Cagliari. Alla ripresa in gennaio, sarà la Samp. E, finché dietro alla Juve la classifica non sarà più chiara, il ruolo di anti toccherà a chi ci gioca contro. Pareva spettasse all’Inter, dopo la vittoria di Torino che l’aveva riportata a un punto di distacco. Così non è stato. L’Inter ha perso le ultime tre gare fuori casa e si ritrova a meno 7, però ha fatto in tempo a battere il Napoli, altra squadra anti-Juve. Chi fa una lunga serie positiva, come un’altra designata al ruolo, la Fiorentina, lascia un po’ di piume alla Roma, che a sua volta scivola col Chievo. Insomma, la parola-chiave è continuità e la Juve, quanto a continuità, è di gran lunga la più forte.
Ieri, la partita che ogni allenatore si augura. Chiusa già nel primo tempo, facilitata dall’espulsione di Manfredini, che se l’è proprio cercata, ma non va dimenticato che l’Atalanta aveva messo al tappeto Milan, Inter, Napoli. È stata in gioco solo con una fiammata di Denis, respinta da Buffon. La Juve continua ad avere fame, come predica Conte. Può trovare qualche osso più duro, ma ha anche mascelle e dentatura robuste e psicologicamente è preparata. Ha sistemato la difesa, ha rilucidato il centrocampo e davanti c’è solo l’imbarazzo della scelta. Molti dicono che manca il top player. Per la Champions, forse, ma in campionato non mi pare un’urgenza. La forza della Juve è in un gruppo in cui ci sono quelli forti e quelli un po’ meno (idem per l’esperienza) ma non ce n’è uno “non da Juve”.
Il più bel Bologna dell’anno consegna alla Juve lo scudetto d’inverno con due partite d’anticipo. In due casi su tre, significa scudetto vero. Il Napoli rimedia col cuore a un primo tempo confuso e s’arrende nel finale a un capolavoro di Kone e a un’incornata di Portanova, il capitano al rientro dopo la squalifica per il calcioscommesse. L’altro capitano, Cannavaro, e il Napoli conosceranno oggi le sanzioni. Non era facile giocare con questo peso addosso. Il Napoli ci ha provato. I meriti del Bologna sono superiori ai suoi demeriti.
L’Inter è tornata dall’Olimpico con parecchie recriminazioni: il rigore non concesso a Ranocchia, i due pali e altro. A Roma non ha avuto la stessa buona sorte che col Napoli, ma quando si sta rintanati per un’ora non sempre si fanno tornare i conti nella mezz’ora che rimane. Sembrava una scelta di Stramaccioni, una partita di attesa e non di possesso. Gli altri corrono, si stancano, e nel finale gli interisti suonano le trombe. La Lazio ha corso, ma non s’è sfaldata ed è riuscita a colpire in contropiede col solito Klose. Senza tanti proclami, Petkovic ha proseguito il lavoro di Reja puntando sulla solidità e sulla praticità. E può esser fiero di questa Lazio, che funziona anche quando, come sabato, è in ombra Hernanes.
All’Inter manca uno come Sneijder, si sente dire. Un mese fa non lo diceva nessuno, ma dopo le sconfitte le assenze si notano di più. Il lavoro di Sneijder, con minore mobilità, lo fa Cassano. Credo piuttosto che manchi in mezzo uno come Pizarro, o Ledesma, o anche Lodi. Uno che dia i tempi, come Pirlo nella Juve. C’è troppo spazio tra difesa e attacco, e in mezzo il più vivo è Guarin, che ha bella corsa e colpi interessanti. La continuità sembra averla trovata Allegri. Non sempre due punte avversarie faranno autogol, quindi non esageriamo nelle lodi a un Milan che non incanta col Pescara, ma sta rimettendo insieme i cocci e cercando di dare un senso alla stagione. Cosa che Fiorentina e Catania hanno già fatto,mentre la Roma si ritrova in mezzo al guado.
Col Milan l’ultimo biglietto utile per sperare nell’Europa. A Verona Zeman non ha parlato. Strano, parla anche dopo le sconfitte più pesanti. Dev’esserci ben più del fuorigioco o meno di Pellissier dietro questo silenzio.