“O creiamo un’armonizzazione normativa a livello europeo o siamo svantaggiati. L’Irap è iniqua e mina la stessa competitività del calcio italiano“. A lanciare il grido d’allarme è il presidente della Lazio, Claudio Lotito, che valuta negativamente il parere con cui il Consiglio di Stato (n. 5285 dell’11 dicembre) chiarisce, secondo quanto scrive oggi il Sole 24 Ore, che “le eventuali plusvalenze realizzate in occasione della cessione dei contratti di prestazioni sportive dei calciatori siano da prendere in considerazione in sede di determinazione della base imponibile Irap”. Nonostante l’ultima parola spetti alla Cassazione, il pronunciamento dell’organo amministrativo segna una nuova tappa nella lunga querelle tra le società di calcio italiane e l’Agenzia delle Entrate, legata alla tassazione o meno dell’imposta regionale sulle attività produttive delle plusvalenze sulle cessioni di calciatori. Ed è un gol importantissimo per il Fisco che ha aperti in tutta Italia diversi contenziosi con parecchi club per le annualità fino al 2007 (dal 2008 infatti l’Irap deriva dal bilancio e non ci sono dubbi interpretativi). “Tutto si basa su un’interpretazione di una circolare fatta, quando era ministro del Tesoro Visco, per impedire le plusvalenze facili – spiega il patron biancoceleste all’Ansa -, ma oggi le squadre pagano regolarmente le tasse. E con l’Irap, a livello europeo, siamo penalizzati perchè oltre a non avere gli stadi, abbiamo una doppia tassazione: cedendo un giocatore, oltre a pagare l’Ires (imposta sul reddito delle società, ndr) abbiamo una tassa straordinaria sulle plusvalenze. Questo non esiste in nessun altro paese d’Europa. In Inghilterra c’è addirittura la detassazione sulle tasse ordinarie: se vendo un giocatore e con il ricavo compro un altro giocatore, e quindi rinvesto, vengo detassato”. Il calcio italiano, quindi, rischia di pagare oggi le gestioni ‘creativè dell’inizio del nuovo secolo, quando l’equilibrio patrimoniale si realizzava tramite le plusvalenze ottenute dalle cessioni di top player e di tanti giovani prodotti nei vivai. Una scorciatoia finanziaria che ha già presentato il suo conto sotto forma di debiti (proprio la società biancoceleste fu salvata dal crac grazie alla spalmatura in 23 anni del debito di 140 milioni verso l’erario).”La Lazio oggi paga puntualmente quanto dovuto – rileva Lotito -. Più di 6 milioni di rata e la paga anche in anticipo rispetto alla scadenza annuale”. Ma le tasse, oltre che in Europa, creano disparità anche a livello regionale. “Il costo del lavoro è più alto nel Lazio rispetto al resto dell’Italia – spiega il presidente – perchè sono maggiori le addizionali Irpef. E lo stesso calciatore a società come Lazio e Roma costa di più che altrove“.
Fonte: Ansa