E’ stato chiesto all’Agente Fifa Jean-Christophe Cataliotti, titolare dei corsi per agenti fifa e osservatori di calcio (info su www.footballworkshop.it), e al Dott. Tommaso Fabretti, laureato in Economia e Management presso l’Università Politecnica delle Marche, di fare una disamina sulle alleanze commerciali nel calcio e nello sport in generale con particolare riferimento al caso della Roma.
Nel panorama economico moderno, caratterizzato da una concorrenza globale sempre più aggressiva, le aziende stanno sviluppando una serie di alleanze commerciali fondamentali in una logica di “networking”. Nell’ultimo decennio si è andato affermando un modo innovativo di fare marketing: stiamo parlando del “marketing cooperativo” (indicato anche come co-marketing), quel processo mediante il quale due o più operatori economici elaborano e mettono in pratica congiuntamente molteplici iniziative al fine di soddisfare il cliente e raggiungere obiettivi comuni o comunque compatibili tra loro.
Ci si trova di fronte ad un ampio ventaglio di tipologie di co-marketing, dalle forme occasionali a quelle maggiormente strutturate nel tempo, dai semplici accordi informali ai contratti profondamente articolati fino alla collaborazione tra società operanti in uno stesso settore (accordi tra società calcistiche)o in un settore diverso (accordi tra società di calcio e società di altri sport).
Gli obiettivi di una strategia di marketing cooperativo sono molteplici: quello principale è con tutta probabilità il potenziamento della propria immagine legandola ad un partner prestigioso al fine di aumentare il valore del proprio brand e garantire al club una maggior visibilità; studiando delle strategie comuni, le società hanno la possibilità di scambiarsi e condividere reciprocamente le diverse competenze ed esperienze maturate nel tempo. Allacciandosi ad altre realtà sportive è possibile inoltre proporre ai tifosi una vera e propria novità, che può risultare fortemente stimolante e gradita. Infine, si può pensare al co-marketing come ad un volano per l’internazionalizzazione della società sportiva, tesa sia a guadagnare nuovi tifosi e ad allargare la propria fan-base (entrando ad esempio in mercati emergenti come quello asiatico o andando a proporsi in settori sportivi differenti da quello calcistico) sia a richiamare l’attenzione di potenziali investitori in giro per il mondo.
Esempio lampante di questo orientamento strategico è la AS Roma che, capeggiata dai nuovi proprietari statunitensi, ha messo in atto una serie di interessanti iniziative. Nell’ottica di un allargamento dei propri confini di mercato, la società giallorossa ha legato la propria immagine sia a società calcistiche che a realtà di altri sport. La scorsa estate la squadra capitolina è stata protagonista a Boston di un’amichevole con gli inglesi del Liverpool, sviluppando un’alleanza commerciale destinata a proseguire, favorita dalla matrice americana che accomuna i due club. La Roma ha poi avuto l’occasione di accostare il proprio marchio ad una società storica dell’NBA come i Boston Celtics. Tornati Negli Stati Uniti nello scorso fine dicembre, i giallorossi hanno potuto consolidare questo accostamento strategico del proprio brand al basket americano presenziando all’incontro tra Orlando Magic e Miami Heat.
Sono molte le realtà calcistiche internazionali che hanno studiato delle partnership congiuntamente a società di altri sport: pensiamo allo stesso Liverpool che si è ”gemellato” alla franchigia americana di baseball Boston Red Sox (entrambe le società fanno capo alla Fenway Sports Group del facoltoso John Henry), al Chelsea che ha legato la propria immagine alla scuderia di F1 Sauber o ancora, restando in Premier League, ai biancorossi del Sunderland che hanno intrapreso una collaborazione con l’imbarcazione velistica asiatica Team Korea. Entro i confini nazionali pensiamo invece alla forte sintonia esistente tra i vertici del Milan e dell’Armani Jeans, con i giocatori rossoneri che non si lasciano sfuggire l’occasione di andare a fare il tifo per le “Scarpette Rosse”.
Numerosi accordi di co-marketing sono stati poi escogitati dalle società calcistiche con singoli atleti di altri sport, vere e proprie star capaci di dare ulteriore lustro e valore di mercato al brand aziendale: si pensi al Manchester United che, al termine della rassegna olimpica londinese, non s’è lasciato sfuggire la possibilità di svolgere una campagna mediatica di fortissimo impatto assieme al recordman Usain Bolt, con le immagini dell’atleta giamaicano con la maglietta Rossa che hanno fatto il giro del mondo. Notevolmente consolidato è anche il rapporto tra calcio e tennis: re Federer, in occasione del master di fine anno 2011 svoltosi a Londra, fu notato sugli spalti dell’Emirates in compagnia di Thierry Henry a fare il tifo per l’Arsenal (società con cui condivide lo stesso sponsor tecnico), mentre Rafa Nadal, tifoso del Real Madrid, è spesso presente al Bernabeu ed ha svolto una campagna pubblicitaria di successo insieme a Cristiano Ronaldo. Accordi formali o a volte semplici inviti che costituiscono comunque una valida prova di come realtà sportive anche differenti tra loro siano in grado di collaborare e garantirsi reciprocamente dei vantaggi commerciali.
Recentemente si stanno concretizzando operazioni congiunte di marketing tra leghe sportive:un passo importante lo hanno fatto NBA e Premier League, due delle massime organizzazioni sportive mondiali che, in occasione degli ultimi Giochi Olimpici, hanno organizzato un meeting a cui hanno partecipato i rispettivi vertici (David Stern a rappresentare il basket americano e Richard Scudamore per il calcio britannico) al fine di porre le basi per collaborazioni durature. Cosi’ il prossimo 17 gennaio due team statunitensi di basket, Detroit Pistons e New York Knicks, arriveranno in Europa e si sfideranno alla O2 Arena di Londra in una gara valevole per la regular season dell’NBA. C’è già chi è disposto a scommettere che in un futuro prossimo la Premier League farà il percorso inverso per esportare il suo spettacolo calcistico negli Stati Uniti.
Concludendo, possiamo evidenziare l’importanza di queste particolari strategie commerciali che, se utilizzate con attenzione, sono in grado di garantire ai club sia l’incremento del valore delle risorse immateriali (come il brand) sia un importante rafforzamento competitivo su scala internazionale.