(S. Agresti) Al termine di una pantomima mai vista – non ricordiamo un allenatore discusso in pubblico dalla società com’è accaduto lunedì – la Roma ha dunque deciso di non esonerare Zeman. Che oggi, agli occhi dei suoi calciatori, sarà un allenatore debole, quasi delegittimato, per certi versi prigioniero. Sarà licenziato alla prossima sconfitta? Oppure alle prossime parole inopportune? E’ rimasto perché Blanc ha detto no? O perché ha accettato i diktat dei dirigenti?
La grottesca gestione del caso-Zeman non può far passare in secondo piano l’esito fin qui deludente della sua avventura alla Roma. Mancano i risultati, inferiori al valore del gruppo, e manca anche l’impronta tipica di questo allenatore. I giallorossi non sono trascinanti e belli e quasi mai hanno divertito sul serio. Perfino i gol subiti – e sono stati tanti, come in fondo ci aspettavamo – sono stati poco… zemaniani: spesso la Roma li ha incassati a difesa schierata, non infilata in contropiede mentre aggrediva l’avversario in un’ossessiva ricerca di gol e spettacolo. Zeman, dove sei?
Il problema della Roma, però, a questo punto è diventato più ampio e importante di Zeman. Il problema è la società. Che in due stagioni ha sbagliato due allenatori (Luis Enrique ci era sembrato subito un salto nel vuoto, questa nuova scelta ci aveva invece fatto sperare). E che ha acquistato una miriade di calciatori, addirittura 25, ma troppi hanno fallito, tanti sono stati rispediti via, pochi sono stati azzeccati (Castan, Pjanic, Osvaldo) o azzeccatissimi (Marquinhos, Lamela).
Diciamo la verità: in una società normale, con una proprietà presente e non distante un oceano, questi dirigenti sarebbero messi pesantemente in discussione. Anzi, forse verrebbero… esonerati loro stessi, e nessuno si scandalizzerebbe. Baldini e Sabatini – è di loro che parliamo – in passato hanno ottenuto risultati eccellenti, ma hanno sempre avuto accanto presidenti-padroni magari ingombranti, però forti e partecipi (da Sensi a Lotito, passando per Zamparini). Lasciati soli, hanno fallito. Chissà se Pallotta, tra Mickey Mouse e Kevin Garnett, si rende conto di tutto questo.