(M.Calabresi) – Partiamo da un presupposto: con Zeman non si potrebbe star tranquilli neanche con quattro gol di scarto. Tra le parole non concepite nel vocabolario boemo, «ipoteca» è una delle prime. Meglio andare a San Siro con un vantaggio, anche minimo, ma se Zeman andasse lì a gestirlo, non sarebbe Zeman.
A pensarci bene, rispetto a quattro giorni fa è cambiato tutto e niente: tutto è il risultato, niente è il copione. La Roma, tante occasioni nel primo tempo le aveva costruite domenica e le ha create pure ieri, la differenza sta nel gol in più.
Scherzo del destino Quando Alessandro Florenzi è saltato più alto di tutti e ha spedito il pallone all’incrocio, Stramaccioni mani sui fianchi ha voltato le spalle al campo e se n’è andato verso la sua panchina. «Ancora tu, Alessandro, figlio mio?», si sarà chiesto, più o meno come fece Giulio Cesare con Bruto. Il pensiero è andato a quel 2 settembre, quando Florenzi (trasformato da trequartista a regista proprio da Strama) all’esordio da titolare in A gli rovinò la serata, ancora di testa. E sempre di testa, due settimane dopo, segnò pure al Bologna: tre gol in tre partite ufficiali, tre capocciate. Un paradosso per chi supera a malapena il metro e 70. «L’Inter mi porta bene, e il colpo di testa sta diventando una mia specialità», scherza Florenzi, corso sotto la Monte Mario dove c’erano famiglia e amici, un po’ come faceva il primo Totti prima di iniziare a mandare baci al palchetto con Ilary e figli: «È un buon risultato, ma non ci garantisce niente — sottolinea Florenzi —. Potevamo fare più gol, ma anche l’Inter ha avuto le sue occasioni. Andiamo a Milano con due risultati su tre, però dobbiamo giocarcela come sempre. Il derby in finale? Sarebbe bello, ma non ci penso. Certo, segnare un gol alla Lazio mi piacerebbe».
Che scalata A forza di segnare, ma non solo, Florenzi è diventato uno dei punti fermi: «Cerco di fare tutto quello che il mister mi chiede. Il suo gioco non è facile, ma piano piano stiamo riuscendo a metterlo in pratica. De Rossi? Ovvio che manca, ma Tachtsidis è stato uno dei migliori». Ora il campionato e una rincorsa al terzo posto che sembra una missione impossibile: «Dieci punti sono tanti ma non dobbiamo mollare niente».
Piris & Marquinhos Doveva arrivare un concorrente sulla fascia destra (Torosidis) per far giocare una gran partita a Piris? «Devo ancora migliorare, e tanto — ammette il paraguaiano —. In Brasile ho allenato molto l’attacco, ora sto lavorando sulla fase difensiva. Gli assist? Quando si lavora bene su quella fascia, ho tante opportunità per farne. E il 2-1 va bene». La partita di Marquinhos, invece, è finita al quarto d’ora della ripresa: trauma distorsivo alla caviglia destra per il brasiliano, che è uscito zoppicando ma dicendo che «è tutto ok». Burdisso, invece, è stato ammonito e salterà il ritorno. Vuoi vedere che rinviare la gara al 17 aprile è stata una mano santa?
Vasilis Torosidis ha battuto tutti i record: deve ancora mettere piede in campo e già si è beccato i fischi dell’Olimpico. Misti ad applausi, ma comunque fischi: sarà per l’assonanza con Tachtsidis che ha confuso i tifosi? Probabile. L’appello di Totti, intanto, non ha dato i suoi frutti e, all’annuncio delle formazioni, su «Taxi» ne sono piovuti parecchi. Torosidis, ieri in tribuna, avrà occasione per farsi apprezzare: la Roma, dopo aver sorpreso tutti martedì, ieri ne ha ufficializzato l’acquisto. 400mila euro all’Olympiacos e contratto fino al 2015 con opzione per l’anno successivo (guadagnerà 700mila euro netti a stagione più premi). «E il nostro mercato è chiuso — ha detto il d.s. Sabatini prima della partita —. Lo era anche prima, ma c’è stata questa opportunità. Torosidis è un’alternativa a Piris e Balzaretti. Abbiamo integrato l’organico anche se non era nelle nostre intenzioni, soprattutto valutando la situazione di Dodò. Marquinho? Spetta a lui decidere. Stekelenburg? Non si muove».