(L. Garlando) – Anche l’Inter onora la giornata del cacciatore tenero e fa un solo punto, come Lazio e Napoli. La lepre Juventus ringrazia e zompetta un po’ più in là. Ma per com’era conciata la squadra, e per come è maturato il pari, Stramaccioni fa bene a considerarlo prezioso, anche perché interrompe un’emorragia di quattro trasferte senza punti. Il tecnico ha preso d’assalto con coraggio l’emergenza dell’attacco, aggiungendo Livaja a Palacio. Il ragazzino, traumatizzato dal gol divorato col Genoa (palo da un centimetro), ha risposto bene. Con un altro palo, questa volta splendido, ha lanciato la rimonta dell’Inter. L’azzardo poteva costar caro, ma è così che si fanno crescere i giovani: esponendoli in gare vere. L’Inter ha sofferto in avvio e alla fine, ha controllato il match nel mezzo, mostrando ancora una volta paurose lacune nel cuore del campo. Ora che Sneijder si è spalmato a Istanbul, i soldi del suo addio devono essere reinvestiti per acquistare cervelli e piedi dolci. Là dove la concorrenza ha Pirlo, Ledesma e Hamsik, non basta Gargano. Che di Pirlo ha solo il 21 sulle spalle, senza offesa. La qualità è indispensabile per il cambio di passo. Nelle ultime 10 partite, l’Inter ha perso 12 punti dalla Lazio, 8 da Juve e Napoli.
Stelle appannate La Roma, stanca per le fatiche di Firenze, non ha saputo dar seguito al buon inizio e ha graziato l’Inter, dopo averla ferita con il vantaggio di Totti. Ritmi troppo bassi. Troppi solisti lontani dai loro livelli. Quando il migliore è l’onesto Bradley, non può essere vera Roma. Spenti De Rossi e Totti, spuntato Osvaldo, un po’ meglio Lamela. Alla fine il popolo ha rumoreggiato deluso. Il Milan, sculacciato poche settimane fa, ora è scivolato davanti.
C’è Livaja Stramaccioni spiazza come ama nelle serate di gala. Non c’è il previsto 3-5-1-1, ma spunta il baby Livaja che affianca Palacio, col sostegno di Guarin: 3-4-1-2. Nel cuore del centrocampo pulsano Zanetti e Gargano. L’idea ha un senso, perché a rintanarsi davanti a uno dei migliori attacchi del torneo si rischia la salute, mentre a cercare di stuzzicare i limiti di una delle difese peggiori ci può scappare gloria. Il guaio per l’Inter è che non entra in campo con la mentalità giusta per sostenere l’idea. Gioca a ritmo basso, solleva poco gli esterni, pochi dettano l’appoggio e, senza aggressività, senza profondità, avere una punta in più diventa inutile. Anzi, dannoso, perché con un mediano in meno cala la densità e se esiste una squadra capace di sfruttare gli spazi con un’imbucata questa è la Roma. Anche perché Ranocchia va a cercare spesso Totti in fascia allargando pericolosamente la difesa a 3.
Totti di rigore Neppure la Roma è uscita rabbiosa dai blocchi come usa. Manca pure Pjanic, il miglior incursore. Eppure, con un’Inter così molle e sfilacciata, alla Roma basta ragionare in verticale per arrivare al tiro con un facilità esagerata. Il vantaggio arriva solo su rigore di Totti (22′), discutibile, sgorgato da una brutta palla persa da Zanetti, ma ha una sua logica, perché la Roma, senza strafare, ha costruito, mentre ciò che sbaglia in appoggio Gargano è inammissibile a questi livelli. Al vecchio Zanetti non si può chiedere che faccia anche il luminare. Dei due uno è di troppo. La rinuncia alle geometrie e alle verticali di Benassi pare dolorosa. Chi innesca la corsa di Guarin e delle punte? La Roma ha il torto di non azzannare al collo l’Inter in difficoltà e di non metterla mai all’angolo con ritmi zemaniani, come riuscì col Milan.
Così non basta E così l’Inter si rianima pian piano. Il meraviglioso palo che colpisce Livaja in controbalzo (37′) è un battito di tamburo che segna l’orgoglioso finale di tempo dei nerazzurri. Guarin torna dal suo esilio di fascia, mette finalmente i piedi al centro del campo e comincia a trascinare. Lo strappo con cui costruisce il pareggio di Palacio (46′) è impressionante. Una furia. L’entusiasmo del pareggio tracima nella ripresa che l’Inter controlla a lungo in sicurezza, anche grazie agli accorgimenti di Strama che con Obi attrezza un più solido 4-4-2, senza mai rinunciare alle due punte. Zeman, che ha lasciato in spogliatoio l’acciaccato De Rossi (Tachtsidis fa peggio), giocherà l’ultima carta con Destro al posto di un Totti minore. Ma solo negli ultimi minuti la Roma spaventa. Purtroppo il meglio capita sui piedi non fatati di Piris. E per fortuna dell’Inter, che negli ultimi quarti d’ora ha beccato 17 gol in 32 partite, c’è Handanovic. Così due squadre che non pareggiano quasi mai (due volte prima di ieri) impattano una partita parecchio bruttina. Per arrivare dalle parti della lepre serve molto di più.