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GAZZETTA DELLO SPORT Nuovi tifosi? E’ dura… Abbonamenti fermi Ascolti tv senza boom. E’ allarme

Stadio Olimpico di Roma

(R.Pelucchi) – C’è uno zoccolo duro che resiste sugli spalti. C’è una fetta consistente che è rimasta nel salotto di casa, davanti alla tv, e ha quasi raggiunto la saturazione. C’è la schiera dei disillusi che al rito delle partite ha proprio rinunciato, tra scandali, crisi economica, stadi così scomodi e campioni così distanti. E poi c’è una massa del tutto aliena all’esperienza live (sia essa reale o virtuale), sebbene il calcio continui a essere il più grande fenomeno popolare del Paese. Fanno parte, questi ultimi, dei cosiddetti «nuovi clienti» che i club di Serie A non hanno né la voglia né la capacità di conquistare. È questa la fotografia del pubblico del massimo campionato che si scatta incrociando i dati sugli abbonamenti con quelli degli ascolti televisivi, cioè quei numeri che meglio interpretano il comportamento del tifo fidelizzato.

IN TRIBUNA  Rispetto alla scorsa stagione, gli abbonati allo stadio sono rimasti pressoché stabili: i 289.867 di questo campionato, circa mille in più del 2011-12, includono una stima per il Chievo, società che inspiegabilmente non fornisce i dati nemmeno alla Lega. Spiccano l’ulteriore crescita della Juventus (+11,9%) e l’exploit della Roma (+46,8%). L’Inter si conferma al primo posto con oltre 35 mila tessere. Per il resto, è una sfilza di segni meno, col record negativo del Milan berlusconiano e i vistosi cali di Napoli e Palermo. Lo svuotamento degli impianti è ormai oggetto di convegnistica: dai favolosi anni Novanta, con 34 mila spettatori medi nel 1991-92, il calcio italiano è stato miope e ha assistito inerme all’erosione di pubblico, fino all’attuale quota di 23 mila. Tutto il contrario di ciò che è avvenuto all’estero: in Bundesliga 44.300 presenze (dalle 29.500 del 1996-97), in Premier 34.600 (28.400).

DAVANTI AL TELEVISORE Sono state le televisioni a pagamento, con un’offerta ipertrofica, a intercettare un po’ di pubblico in uscita dagli stadi. Ma il boom degli anni passati, con la guerra dei prezzi tra Sky e Mediaset, non è più replicabile. Lo dimostrano gli ascolti delle partite in diretta delle prime 18 giornate di questo campionato, paragonate agli stessi turni del 2011-12. La crescita c’è stata ma è molto contenuta: +3,2%. Più bassa rispetto all’incremento dell’8% della stagione precedente. Per non parlare dell’audience registrata ancor prima da Sky (nell’epoca in cui Mediaset Premium non era rilevata dall’Auditel): tra il 2009-10 e il 2010-11 la crescita fu del 46%. L’attuale stagione, peraltro, non era partita bene. I cali dei primi turni avevano messo l’allarme tra gli addetti ai lavori. Poi le performance sono migliorate, grazie anche a un’ulteriore spalmatura del calendario, con gare collocate al lunedì o al martedì sera.

STRATEGIE MIOPI  Dalla Lega i dati vengono letti con soddisfazione. Il ragionamento è questo: mentre Sky perde abbonati (-71 mila nel 2012) e Mediaset non se la passa bene, il calcio continua a essere il prodotto principale delle tv a pagamento. Il problema, tuttavia, è un altro e sta nell’incapacità di attrarre nuovi tifosi. Perché l’idea è che gli attuali 9,4 milioni incollati ogni domenica alle pay tv rappresentino l’apice. Difficile fare ancora di più, anche perché il calcio italiano si è già concesso completamente alle telecamere. Scarseggiano, invece, quelle politiche a livello di club tese a vendere il prodotto e a intercettare altri segmenti di pubblico, utilizzando tutte le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Il più delle volte le attività di marketing si riducono in sconti una tantum sui biglietti. Non basta.

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