(M. Cecchini) – Alle 14.55 l’«ultim’ora» scandita dall’altoparlante sancisce che il senato romano stavolta non governa.Daniele De Rossi finisce in panchina per scelta tecnica e, dopo un inutile tentativo, anche capitan Totti si arrende a un problema muscolare, lasciando il posto a un Marquinho con la valigia (destinazione Gremio). Nessuna meraviglia che la rivoluzione popolare proposta da Zeman partorisca esiti imprevisti, ovvero il successo del Catania grazie alla rete nella ripresa di Gomez, che condanna la Roma all’ottavo k.o. e la lascia a ruminare rimpianti (per il paio di ottime occasioni sciupate nel primo tempo), misteri (per la quasi letterale scomparsa nella ripresa) e nervosismi (per i «casi» conclamati). Detto che il boemo è costretto a rinunciare anche a Pjanic per squalifica e Osvaldo per infortunio, è giusto sottolineare come i giallorossi abbiano in campo ben otto giocatori nel giro delle rispettive nazionali (più un veterano come Burdisso), mentre il Catania soltanto uno (Andujar), ma l’imprecisione di Destro e l’evanescenza di Lamela consegnano la Roma alla seconda gara senza gol segnati e nel contempo riaprono la porta al Catania, abile a ritrovare la rete dopo ben 295′.
Rock argentino I due 4-3-3 che si specchiano mostrano però tendenze diverse.Se i siciliani scelgono di lasciare campo agli avversari per poi ripartire con verticalizzazioni a beneficio di Bergessio e Gomez, la squadra di Zeman non blocca i difensori esterni e così, grazie a Piris e soprattutto Balzaretti, sulle fasce trovano spesso la superiorità numerica, costringendo Barrientos e lo stesso Gomez a restare assai bassi in fase di non possesso palla. Non solo, mentre Maran decide di lasciare il volenteroso (e poco più) Tachtsidis libero di giocare tanti palloni, in avvio i giallorossi danno sempre fastidio a chi imposta, cioè Almiron prima e Salifu e Izco poi. Infatti, mancando Lodi in regia, spesso Gomez e il subentrato Castro tendono ad accentrarsi per dare una mano nello smistamento della palla.
Che sprechi Il risultato è un primo tempo in cui la Roma ha la prevalenza e può rammaricarsi per due nitide occasioni sprecate. Al 35′ e al 38′ Andujar non trattiene due tiri (di Florenzi e Destro) ma sulle respinte prima lo stesso Destro e poi Bradley non centrano la porta da tre metri. Il centravanti, soprattutto, si sbatte molto in mezzo all’area senza però la lucidità chirurgica che occorre. Il Catania, sia pure più accorto, invece sa farsi pericoloso con Gomez, che al 31′ impegna Goicoechea in una goffa deviazione.
Ribaltone Nella ripresa, però, la Roma evapora. Merito del cambio in regia tra gli etnei, che culmina nel passaggio al 4-2-3-1 conclusivo, e della buona sorte, che priva i giallorossi di Piris proprio quando aveva preso le misure a Izco. E dal suo lato, infatti, dove va il debilitato Marquinhos in un ruolo non suo, Gomez s’inserisce bene per ricevere un bell’assist di Bergessio e battere Goicoechea con un pallonetto. È però appena il 16′, e perciò chi si aspetta una sfuriata giallorossa rimane deluso. Fino al 44′ — quando cioè il redivivo Dodò inserito al posto di Marquinho (che esce prendendosela col vice di Zeman) non impegna Andujar da due passi — la Roma non trova più sbocchi, cosicché è il Catania a rimpiangere un paio di buone occasioni capitate a Bergessio nel finale.
E De Rossi? Insomma, per il Catania finisce in gloria, mentre la Roma mastica amaro e si pone un paio di domande: davvero si può rinunciare a De Rossi in qualsiasi ruolo della mediana? E perché Destro è vittima (come certificato da Zeman) di un blocco mentale? Tutte domande a cui occorrerà rispondere subito, visto che tra due giorni il match «dentro o fuori» con la Fiorentina in Coppa Italia sarà decisivo. Il fallimento stavolta incombe davvero.