(M. Calabresi) – Per carità, la delusione non sarà mai pari a quella di 5012 giorni fa, dopo quel Roma-Inter 4-5 del 3 maggio 1999. Ma dopo tutto quello che la Roma è riuscita a sbagliare nel primo tempo, e soprattutto dopo il gol di Palacio, tanti tifosi (e non solo) avrebbero voluto spaccare tutto, proprio come quando Ronaldo e Zamorano fecero a pezzi la difesa di Zeman. E che stavolta sia finita «solo» 1-1 (la Roma è tornata a pareggiare dopo 15 gare), interessa a pochi: l’ennesimo vagone su cui la Roma doveva salire per riagganciarsi al treno che porta in Europa, è stato perso. E fu così che la Roma zemaniana, ora, ha meno punti di quella di Luis Enrique (senza contare i tre guadagnati a tavolino a Cagliari).
Riecco Marcos Dopo l’assenza a Napoli e la febbre di Catania, almeno si è rivisto il veroMarquinhos, ma il problema della Roma non è stato la difesa. «E sul gol vanno fatti i complimenti all’Inter — dice —. Non è un errore nostro, quello. Abbiamo fatto un buon primo tempo, ma sono mancati i gol. Questo per noi non è un buon risultato, all’Olimpico dobbiamo vincere sempre. Ora lavoriamo e pensiamo alla partita di mercoledì, per noi è come una finale di Champions. Poi torneremo a pensare al campionato: il 3o posto è lontano e difficile da raggiungere, ma dobbiamo provarci». E se Balzaretti non ha potuto festeggiare le 200 presenze in Serie A, Marquinhos si gode il momento e l’interesse delle grandi squadre, anche se non è questa la serata per i sorrisi a 32 denti: «Questo per me è un motivo di orgoglio, ma devo restare con i piedi per terra. La Roma, però, ora è più importante: da questo momento se ne esce soltanto lavorando, e portando a casa i risultati».
Secondo atto Intanto, le premesse per la seconda sfida in tre giorni con l’Inter non sono buone: oltre alle squalifiche di Dodò, Taddei, Osvaldo e Pjanic (ma tornerà Lamela, che invece sarà squalificato a Bologna) per De Rossi c’è una sospetta lesione alla coscia destra (oggi esami), Piris è uscito con una contusione alla mano destra e lo stesso Pjanic si è dovuto arrendere al mal di gola. Il primo atto era iniziato con la curva Sud a ricordare Dino Viola, di cui sabato ricorreva il 22° anniversario dalla morte: «Il giocatore non va divinizzato, quella che tiene il sudore è la sua maglia». Peccato solo che per vincere servano i gol.