(M. Cecchini) – I matrimoni d’interesse a volte funzionano benissimo, e senza che nessuno se ne scandalizzi. Stavolta, però, quello tra la Roma e Zemannon sembra avere un lieto fine all’orizzonte, visto che il boemo è stretto nella morsa fabbricata dai risultati deludenti e da un feeling con la società mai sbocciato davvero, se non al momento della campagna abbonamenti che portò 25.000 tessere e circa 10 provvidenziali milioni in cassa. Altrove leggete che la dirigenza oggi si confronterà col boemo e vedrà se sarà il caso di affidarsi subito al tandem composto da Malesani e Sella (allenatore giallorosso in Champions League a Madrid nella stagione 2004-05 in un rocambolesco 4-2 a favore del Real dopo che la Roma era in vantaggio per 0-2, ndr) anche se il match col Cagliari è previsto tra soli 4 giorni, oppure allungare la convivenza fino a fine stagione, dove il contratto (fino al 2014) non sarà onorato per inseguire lo stimato Allegri.
Spogliatoio Sarebbe sbagliato, però, criticare tutta la gestione zemaniana. Detto che la società e tutti gli osservatori ritengono inconcepibile che una rosa come questa (che in due anni ha fatto sborsare sul mercato al tandem Pallotta-UniCredit circa 70 milioni) sia ottava in classifica, il boemo ha valorizzato giovani come Lamela e Marquinhos, rigenerando fisicamente capitan Totti e segnando tantissimo. I gossip dello spogliatoio, però, raccontano come i calciatori, saputo dell’arrivo di Zeman, abbiano capito come la dirigenza non puntava a vincere, e questo ha forse creato qualche alibi psicologico. Non solo. Come sta emergendo adesso, la gestione del tecnico è apparsa antiquata.Allenamenti demodé, poco dialogo, poca crescita tecnica, poca sintonia con lo staff medico, la scelta di Goicoechea, per non parlare del poco feeling coi calciatori, a partire da De Rossi ma non solo (i brasiliani, ad esempio).
Questione di carisma Luis Enrique non era perfetto, ma i giocatori lo adoravano e, grazie al curriculum da calciatore, lo consideravano un potenziale vincente. Zeman, invece, appare un cacciatore di alibi: gli arbitri, il terreno di gioco e, soprattutto, gli errori dei giocatori. Come dire, l’autocritica non fa parte del bagaglio che mostra nello spogliatoio. E questo alla lunga conta e conterà durante tutta questa lunga settimana. Soprattutto se la dirigenza pare non tollerare più parole in fuorigioco. Impressioni? Se arriverà il divorzio, meglio preparare gli antidoti, perché i veleni non mancheranno.