Quello che era nell’aria da tempo è stato ratificato oggi con il comunicato della Corte Federale. La Roma quindi si vedrà costretta a disputare in trasferta la gara valevole per i quarti di Coppa Italia contro la Fiorentina, perdendo oltre ad un suo diritto anche il vantaggio sportivo, derivante dall’esibirsi dinanzi al proprio pubblico, con un relativo danno economico per le casse societarie, ascrivibile ai mancati introiti, inerenti alla disputa di un match casalingo. Niente inversione di campo dunque, violazione palese delle regole. Il ricorso della società – si legge nel comunicato – è stato bollato come “improponibile”, inoltre tale organo si è proclamato incompetente a decidere sul contenzioso. Tutto questo con buona pace del principio del diritto romano sostenente “in claris non fit interpretatio” nella chiarezza della norma non può, non deve, esserci interpretazione. Già, chiarezza. Un termine il cui significato è stato ancora una volta calpestato, per non dire ottenebrato, denunciando una scarsa comprensione dell’italiano, riguardo la parola ed il principio di “concomitanza” che, per quanto lo si può e vuole interpretare, costituisce uno svilimento dell’intelletto umano, giudicare come concomitante, un evento che si svolge ad una settimana di distanza dall’altro. Definizione Treccani alla mano, l’essere concomitante, significa trovarsi insieme, l’essere unito, lo svolgersi in contemporaneità degli eventi. Pertanto risulta inconcepibile, la decisione -folle – di avvantaggiare, violando le regole, il diretto avversario disponendo una gara in casa, piuttosto che in trasferta in virtù di una sovrapposizione di eventi che in realtà non esiste, in relazione alla data in cui si giocherà ( 16 gennaio) ma, se vogliamo, potrebbe soltanto materializzarsi nel giocare il medesimo turno (quarto di finale) parallelamente alla squadra meglio piazzata (la Lazio) quindi, avente un diritto di prelazione che però, ha già disputato il suo quarto di finale, con abbondante anticipo. Destano imbarazzo le spiegazioni o per meglio dire, le non spiegazioni, proposte sulla questione, dalla Corte Federale, la quale dopo 3 ore di riunione non ha ritenuto opportuno pronunciarsi sull’argomento, dichiarandosi incompetente ad effettuare le dovute valutazioni. Un silenzio assenso che non cambia le carte in tavola. Questi avvenimenti, fanno il paio con quanto accaduto nella vicenda del 3-0 a tavolino, chiesto ed ottenuto con qualche difficoltà e ricorso di troppo, per il comportamento contro ogni logica, etica, morale del presidente cagliaritano Cellino il cui agire, ha in maniera lapalissiana infranto il regolamento, poi sottoposto al vaglio di chissà quali interpreti, deputati a controllare parola per parola il senso di un italiano anche in quel caso univoco, il cui significato, troppo spesso viene compreso a proprio piacimento. L’iniqua sentenza emersa dal non pronunciamento della Corte Federale, ha continuato a dar luogo ad una situazione a dir poco grottesca, in rapporto alla legge scritta, ed è stata un riverbero delle dichiarazioni beffarde, del presidente della Lega Serie A Maurizio Beretta “I regolamenti sono condivisi e si applicano”.Tali contingenze d’altro canto, evidenziano tutto lo scarso peso specifico del quale, la società ed i dirigenti giallorossi godono presso gli organi preposti a far rispettare una legge, soggetta ancora una volta al libero arbitrio del palazzo, secondo principi ignoti all’umano raziocinio. La Roma andrà a Firenze. Per giocare una gara che avrebbe avuto il diritto di giocare in casa ma che, per una teorica concomitanza di eventi, ovvero una partita disputata una settimana prima, vedrà costretta la squadra a trasferirsi temporaneamente in Toscana. Con un piccolo dettaglio: quel giorno l’Olimpico sarà deserto.
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A cura di Danilo Sancamillo