(U.Trani) Le 33 reti subite dalla Roma di Zdenek Zeman fanno discutere. È da quelle che, finito il girone d’andata, bisogna ripartire nel ritorno. La fragilità difensiva rischia di compromettere la corsa alla zona Champions (i giallorossi sono out da 2 anni: 22 gennaio 2011). Troppi i gol presi in 18 partite (la diciannovesima è quella non giocata a Quartu Sant’Elena). Con 35, solo il Pescara e proprio il Cagliari (per i rossoblù, senza i 3 a tavolino, diventano 32) ne hanno contati di più. Il reparto ha numeri che spaventano: peggio, 37, solo nell’anno della retrocessione, ’50-’51, e nel ’47-’48. Non è sufficiente il miglior attacco per dare un senso alla stagione. Nel torneo 2000-2001, Capello conquistò il terzo scudetto incassando, nelle 34 gare dell’annata, le stesse reti: 33. L’equilibrio incide più della qualità degli interpreti. Se non si trova, è dura chiudere ai primi posti. Basta fare il paragone con la Juve prima che ha preso 20 in gol in meno (e la Lazio seconda 14, il Napoli 15). Il ritardo in classifica, però, è anche legato alle sconfitte: 7 sono tante. Anche le altre big cadono spesso. Tra le grandi, però, solo il Milan settimo, e staccato di 2 punti, ha perso sette volte. La differenza reti, invece, è la quarta: meglio solo la Juve, il Napoli e la Fiorentina. Il dato genera ottimismo.
IL PODIO Il film del torneo, almeno la prima parte, divide la Roma dal podio proprio per il rendimento avuto negli scontri diretti contro le tre migliori. I giallorossi sono stati sconfitti dalle prime tre della classifica, subendo in tre incontri un terzo, 11, dei gol presi in tutto il girone d’andata. I kappaò contro la Juve, la Lazio e il Napoli sono stati, nel punteggio, feroci. In particolare a Torino e al San Paolo, per il passivo più pesante, 4 a 1, della stagione. Ma Zeman fa una giusta distinzione tra le partite: la Roma ha deluso solo nella gara, senza storia, contro i campioni d’Italia. Nel derby, con un uomo in meno per un tempo, ha riaperto il match nel finale e domenica sera ha avuto più volte la palla del pari prima del crollo nella ripresa. Il gruppo deve maturare. Per inesperienza, smarrisce le proprie certezze appena la situazione si complica. Non c’è la giusta cattiveria che manca nel dna di molti.
IL SUMMIT Come accade quasi sempre nel day after, i dirigenti giallorossi anche ieri si sono riuniti per analizzare la partita. Baldini, Sabatini, Fenucci e Zanzi sono certi che la Roma, attualmente sesta, sarà protagonista nel girone di ritorno. Perché, pure nella notte amara del San Paolo, ha mostrato di avere un’impronta da grande squadra, capace di imporre il proprio gioco contro qualsiasi avversaria. Per arrivare in zona Champions, obiettivo indicato da Pallotta prima di Natale, deve però scendere dall’altalena. La regolarità è evaporata dopo 4 vittorie di fila (5 con quella in Coppa Italia), il 16 dicembre a Verona contro il Chievo. Con 2 sconfitte nelle ultime 3 partite, il terzo posto si è allontanato: ora è distante 5 punti.
MAL DI DESTRO Destro, dopo la gara del San Paolo, ha ricevuto la solidarietà dei compagni per la serata no. Per la società resta incedibile, ma il ventunenne sa di aver sprecato alcune facili occasioni da rete e la chance che gli ha offerto Zeman. Soffre la presenza ingombrante di Osvaldo. I suoi errori, però, si sommano a quelli degli altri. Gli attaccanti difendono e aiutano poco, per primo Lamela. De Rossi ancora non è continuo in un ruolo fondamentale per l’idea di calcio di Zeman, Burdisso e Castan non fanno coppia, Marquinhos per la sua rapidità è ormai indispensabile, i terzini Piris e Balzaretti, come il portiere Goicoechea, vivono di alti e bassi.