(U. Trani) –«Dobbiamo far vedere che siamo la Roma». Per la risalita in classifica, partendo dal sesto posto. Zeman vuole cominciare bene il girone di ritorno al Massimino, palcoscenico sul quale è dura, per chiunque, trovarsi a proprio agio. «Ho sbagliato, durante l’andata, a non soffiare su quei palloni che non sono entrati in porta». E’ il suo modo di celebrare l’impronta data alla squadra, in ritardo solo per una serie di errori. Da non ripetere. «In queste diciannove partite mi aspetto i risultati».
La Roma non vince a Catania dal 20 dicembre del ’70. Più di 42 anni, anche se sul neutro di Lecce, nel 2007, prese i tre punti. A Zeman, addirittura, è sempre andata male. «Qui l’ambiente non è tranquillo. Se qualcuno pensa più a quello che succede fuori, non riesce a esprimersi e tutto diventa difficile. Sono certo che però possiamo farcela».
LA GRANDE EUROPA «Io ci credo» avverte l’ad Italo Zanzi. «Possiamo qualificarci per la prossima Champions». E’ come se parlasse il presidente Pallotta. Zeman raccoglie e rilancia. «Ci dobbiamo provare, è il nostro compito. Sul piano del gioco nel girone d’andata si è visto che possiamo competere con tutti: abbiamo, però, buttato molti punti. A vedere la distanza dalle squadre di vertice non siamo tanto lontano. Quanto abbiamo raccolto non sempre ha corrisposto alle nostre prestazioni. Serve la continuità. Di risultati».
«Non c’entra l’equilibrio che per me è la differenza reti. La nostra è migliore della seconda in classifica». Della Lazio che è avanti 7 punti, ma l’attivo, tra gol segnati e subiti, è più 9 mentre quello della Roma è più 10. Zeman attacca: «Fino a quando va così, è sempre positivo e mai negativo. Poi dicono che se uno vince 1 a 0 è bravo e se uno vince 3 a 2 la difesa non funziona. Per me no. Siamo tra le migliori nel possesso palla. I miei centrocampisti devono però rischiare di più e non passaggi di due metri per paura di perdere il pallone. Voglio più verticalizzazioni». In sintesi: più coraggio.
LA MENTALITÀ «Il nostro problema è un altro» chiarisce. «Mentale. Nè tattico, dunque, nè tecnico. «Molliamo cinque minuti e ci capitano guai. E’ spesso venuta meno la concentrazione. E l’applicazione. Qui, però, ci sono giocatori che hanno giocato campionati molto differenti da quello italiano sul rispetto dei movimenti tattici. In Brasile e in altri paesi si gioca più vivace, senza compiti. Come ha fatto Castan a Napoli, quando andava all’attacco. Mi è piaciuta la sua voglia di ribaltare il risultato, non è però l’ideale per la tattica. Abituarsi al calcio italiano è comunque più semplice per le punte, meno per i difensori».
Il Catania in casa non perdona (6 delle sue 7 vittorie le ha ottenute qui). «Hanno tre attaccanti capaci nel dribbling. Fanno la differenza in una formazione che punta sulle ripartenze. Gomez, Bergessio e Barrientos, sono giocatorisi offensivi, la squadra no». Senza Osvaldo, si affida ancora a Destro: «Diventerà più importante quando acquisterà convinzione».
IL FUTURO «Sapevo da tempo che Baldini aveva incontrato Guardiola. Non mi tocca. La società è libera di vedere chi vuole. Io ho incontrato cento giocatori. Non per comprarli tutti» ironizza Zeman. «È una cosa illogica andare a giocare a Firenze», dice sulla trasferta di mercoledì di Coppa Italia. Da 10 anni le norme anti-tabacco di Sirchia. «Per me non è cambiato niente. Continuo a fumare, dove e quando posso». E su Moggi candidato alla Camera e la Lega senza un presidente: «È lo specchio attuale del nostro calcio e anche della nostra politica».