(T. Cagnucci) – Il fallo di Ranocchia, il Principe sotto la Sud prima della partita, ma questo Roma-Inter alla fine è tutto tranne che una favola. Uno a uno non fa bene a nessuno, anzi non fa bene alla Roma che è l’unica cosa che conta. Si doveva vincere per accorciare in classifica su tutte e non vedersi addirittura scavalcare da una squadra che nemmeno un mese fa qui ne ha presi 4 (pure pochi). Non è successo.
E fra i recentissimi “non è successo” della Roma questo che sembra il più lieve è quello che invece rischia di fare più male. Una X sui sogni di Coppe e di Campioni di questo campionato, l’impressione di veder tutto ridimensionato, la paura di un altro lungo passaggio a vuoto. I tifosi possono pure avercela, tutti gli altri no. Manca praticamente un girone da giocare, c’è la possibilità e l’obbligo di cercare di fare quello che non si è riusciti fino a qui a ottenere. Se tutte le componenti Milan ieri pomeriggio parlavano esclusivamente di possibilità Champions ritrovata, alla Roma devono lavorare e comportarsi di conseguenza per fare altrettanto. E’ un obbligo, un dovere, tutto il resto sarebbero giustificazioni e alibi da non dare
L’analisi di ieri per certi versi è molto semplice: la Roma è stata meno brillante di altre volte (persino di Napoli e sicuramente del primo tempo di Catania) molto probabilmente per i 120’ e rotti giocati a Firenze. E un dato oggettivo resta: malgrado questo se c’era una squadra che meritava di vincere era proprio la Roma. Ripartiamo per l’ennesima volta, senza che tutto questo sia un condizionale, tralasciando i “se” e i “ma” perché già ce ne stanno troppi. A Napoli e a Catania il ritornello – pure sacrosanto – era quello che “se ci fosse stato Osvaldo”… però quello che sembra più adatto a ieri, pure con Osvaldo in campo, è “se ci fosse stato Osvaldo…”.
Prendersela con Piris per i gol sbagliati sarebbe troppo. Il nome del giocatore è relativo. Sempre. Ieri allo stadio c’era uno striscione: “Il giocatore non va divinizzato, quello che tiene il sudore è la maglia… Lode a te Dino Viola“. E’ stato lui che ci ha insegnato a credere a qualcosa di più grande delle favole.