(T. Carmellini) – Tutto rimandato: a fine stagione. A meno che domani, nella conferenza pre-Cagliari, Zeman non decida di darsi di nuovo la zappa sui piedi e tornare a soffiare su un fuoco tutt’altro che spento. Difficile, perché l’allenatore giallorosso sembra all’improvviso tenere alla «sua» panchina, seppur a tempo, e non ha fatto l’atteso passo indietro: non si è dimesso. Quello che in molti si sarebbero aspettati dopo la pesantissima replica di lunedi scorso al suo atto d’accusa alla vigilia della sfida di Bologna. Qualcuno (sbagliando) pensava a una remissione del mandato da parte del tecnico che invece è rimasto arroccato sulla sua poltrona.
Non lo ha detto chiaramente ma è evidente la sua posizione: «Se non vi vado più bene cacciatemi» con conseguente esborso dell’intero ingaggio… ovviamente. E la Roma lo avrebbe anche fatto se solo avesse avuto un’alternativa credibile, senza il sapore amaro di un malinconico amarcord o di qualche improbabile azzeccagarbugli dell’ultima ora.
Impossibile portare nella Capitale un allenatore vero in 24 ore(l’ipotesi traghettatore non è nemmeno mai stata presa in considerazione),semmai si potrebbe discutere sul fatto che la società si sia fatta trovare impreparata a un evento che comunque era nell’aria datempo.
Così come insoliti sono stati i tempi di reazione di un club rimasto quasi «stordito» dall’attacco casalingo del tecnico e che a caldo sembrava volesse rispondere a cannonate. Così non è stato e alla fine si è arrivati alla soluzione del «volemose bene»: a tempo. E come in tutte le storie d’amore tra Zeman e la Roma l’entusiasmo del primo appuntamento è ormai scemato e ha lasciato spazio a una sopportazione di convenienza: a un «limitare i danni» che rischia di non far bene a nessuno.