La Roma si ritrova a gennaio fuori dal giro nobile della Champions, con un un punto in più dopo 21 turni rispetto all’anno scorso (ma 3 li ha ottenuti a tavolino) e il terrore di dover ricominciare tutto da capo nella prossima stagione. Sarebbe la terza volta di seguito, probabilmente con un altro allenatore: allo stato attuale Zeman non ha molte chance di essere confermato. Oltre al fallimento dell’obiettivo prioritario in campionato, finora non è riuscito a trasformare la mentalità di una squadra ancora troppo fragile. E il tanto atteso spettacolo continua a vedersi solo per alcuni tratti delle partite. Al boemo restano diciassette partite: senza una svolta netta, svanirà il suo sogno di chiudere in bellezza una carriera comunque avvincente. Un appiglio, però, c’è. Quella Coppa Italia già utilizzata più volte in passato dalla Roma (e non solo) come dolcificante nelle stagioni più amare, è ancora a disposizione dei giallorossi.
La finale vale ancor più del trofeo perché porterebbe con ogni probabilità in Europa League, il traguardo minimo fissato dalla società. L’incomodo è di nuovo l’Inter in una doppia sfida che inizia domani sera all’Olimpico (arbitra De Marco, venduti 17mila biglietti, la speranza è arrivare a 30mila spettatori) e si chiude fra tre mesi a San Siro. La Roma dovrà trovare dentro di sé le forze dopo il pareggio deprimente di domenica sera e le fatiche accumulate dall’inizio del 2013, che finora ha portato la miseria di un punto in tre partite e una vittoria al supplementare nei quarti di coppa con la Fiorentina. Ieri a Trigoria tanti musi lunghi tra i giocatori e un tecnico molto deluso. Nell’analisi tattica sulla gara con l’Inter se l’è presa soprattutto con gli attaccanti: i loro errori, a suo dire, hanno condannato la Roma più di ogni altra cosa. «Non posso fare il 3-4-3 con Totti, Osvaldo e Lamela perché non pressano» è l’ennesima accusa rivolta dal boemo in pubblico ai suoi giocatori.
E nel codice degli spogliatoi è un comportamento che non porta mai benefici. Poi ci sono quelli che stanno accusando la pressione dell’ambiente, un esempio su tutti Tachtsidis. Il greco, accolto dai fischi al suo ingresso in campo domenica al posto di De Rossi, ha giocato con le gambe che gli tremavano e si è sfogato dopo la partita. Non è escluso che oggi Zeman o qualcuno dei dirigenti possa intervenire sulla questione. Perché la Roma, al di là dei risultati, vuole e deve proteggere il suo patrimonio tecnico fatto di tanti giovani. I conti, come sa bene Zeman, si faranno alla fine. E non riguarderanno solo lui: Baldini ha già anticipato più volte che rimetterà il suo mandato alla proprietà, Sabatini ha il contratto in scadenza e si sente il primo responsabile della nuova annata deludente. La Coppa Italia può spostare tanto nei bilanci. Ma i soldi che dovevano arrivare dalla Champions usciranno comunque dalle tasche della proprietà. Almeno quelli non mancano.