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IL TEMPO Zeman: “Non so se resto”

Zeman

(A. Austini) – La domanda sarà stata anche sciocca, ma la risposta è la perfetta sintesi del momento di precarietà romanista. Non sono sicuro di restare fino al termine della stagione», risponde Zeman stizzito dal quesito. A detta sua, «nessun allenatore può esserlo e quindi neppure io lo sono. Mi metto a disposizione della società e cerco di fare il meglio».

Prima della partita il dg Baldini, con la sua dialettica «sottile», ha di fatto ufficializzato la crisi del rapporto società-tecnico. «Non l’ho sentito e non intendo commentare – spiega il boemo – io chiedo disciplina in campo e fuori perché aiuta a centrare risultati migliori. Il regolamento da scrivere? Non sono cose da fare fuori. Quando ci sarà, ne parleremo».Peccato sia stato proprio lui a rendere pubblico il tema. Sarà una settimana di confronti, parole, valutazioni da fare insieme ai dirigenti. Il divorzio sembra scontato, bisogna solo capire come e quando. Intanto le giornate passano e il campionato sta scivolando dalle mani di Zeman insieme alle certezze. L’allenatore sceglie l’autodifesa e si rifugia nel suo mondo, sempre più solo contro tutti.

E allora il senso di un’altra domenica deprimente per lui diventa «il punto guadagnato in classifica sulla Lazio». Oppure Goicoechea che «non ha commesso errori sui gol». Pareri su cui si può discutere all’infinito. La realtà è che il tecnico sembra viaggiare su un binario diverso rispetto a società, giocatori e ambiente. Non pago delle accuse lanciate sabato a Trigoria, ieri il tecnico se l’è presa di nuovo con il gruppo: «Per vedere una reazione – sottolinea Sdengo – ci sono voluti tre cambi. Ci siamo svegliati troppo tardi, forse pensavamo si giocasse alle 15».

Eppure stavolta la Roma è riuscita a segnare due gol nei primi diciotto minuti, semmai non è stata brava a difenderli e si è rialzata troppo tardi nella ripresa. «Nella seconda metà abbiamo cercato di fare qualcosa in più, abbiamo sbagliato tante palle facili ma almeno avevamo un’idea di come arrivare». Dietro, invece, l’assenza di Marquinhos si è fatta sentire eccome «Ci sono stati errori di valutazione – prosegue Zeman – in tutte e tre le azioni dei loro gol eravamo in superiorità numerica. Sull’1-1 in partenza credo che Gabbiadini fosse in offside e noi lo abbiamo rimesso in gioco col nostro movimento: se uno è davanti è inutile corrergli dietro.Non so se dipende dalla concentrazione, ma non discuto la voglia dei ragazzi». Sì, la Roma non gli ha giocato «contro». Ma non è neppure sembrata una squadra che ha lottato con il coltello tra i denti per aiutare il suo allenatore in difficoltà.

Capitolo portiere. Il problema Goicoechea sta diventando lampante. Ma non per il tecnico che si ritiene a posto così. «L’arrivo di Viviano secondo me è fantasia, perché ho tre portieri e non vedo motivo per aggiungerne un quarto. Gioca chi sta meglio e riesce a interpretare meglio la situazione con i compagni». Non Stekelenburg, secondo lui. Uno che probabilmente in questo momento sarebbe titolare se sulla panchina giallorossa ci fosse uno qualsiasi degli altri 19 allenatori della serie A.

E adesso, Zeman o non Zeman, aspettando la Coppa Italia il campionato diventa un’affannata rincorsa all’Europa League: persino il Catania guarda la Roma dall’alto. «Giochiamo partita su partita, abbiamo recuperato un punto su un’avversaria e dobbiamo giocare altre 16 gare. Bisogna provarci- insiste Sdengo – ma dobbiamo migliorare per superare gli avversari lì davanti». La squadra non dà la sensazione di crederci più di tanto. O forse sono troppo pochi a farlo. Uno di questi è senz’altro Totti, che prima della partita ha preferito non aggiungere altro alla querelle tra allenatore e dirigenti sul regolamento. «Sono cose che spettano a loro, noi dobbiamo solo stare a disposizione. Ci mancano i risultati e quando è così si pensano tante cose». Anche di cambiare allenatore.

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