(M.Pinci) – Il giorno del giudizio. E, probabilmente, dell´addio. La Roma rompe con Zdenek Zeman: troppe cose sono successe per non lasciare un segno indelebile, troppe frasi dal suono definitivo sono state scritte in questa storia perché la prossima non sia la parola fine. A tritare le riserve residue di fiducia nei suoi confronti, il rapporto «cancerogeno» – parola del ds Sabatini – con la squadra, che a Bologna per la prima volta ha dato all´intero establishment romanista presente in tribuna, la sensazione di aver abbandonato la propria guida. Una guerra fredda che coinvolge un´altissima percentuale del gruppo, e in cui il club ha scelto da che parte stare, urtata dall´evocazione dell´assenza di disciplina che dipinge i calciatori come un gruppo di briganti.
Appuntamento per oggi a Trigoria: «O cambi rinunciando al tuo personaggio per il bene della Roma o ci salutiamo qui», questo il punto fermo da cui partiranno il d.g. Baldini e il d.s. Sabatini nel faccia a faccia con il tecnico. Normalizzare Zeman, l´ultima utopia per tentare di riscattare quelle fallite scegliendo il boemo e, prima di lui, Luis Enrique. Un compromesso grottesco ma ancora auspicato dalla società per non dover rincorrere soluzioni tampone e tenere viva la trama che, in estate, avrebbe dovuto portare un nome di grido: Allegri, Ancelotti, Klopp, i preferiti della dirigenza. Una sorta di accanimento terapeutico contro il rigetto reciproco tra squadra e allenatore, ma che rischia di doversi scontrare con l´integralismo zemaniano: «O come voglio io o niente».
Convincerlo a derogare da questa idea, oggi, appare complicatissimo. In fondo la Roma già ieri lo aveva quasi esonerato, scegliendo di farlo pubblicamente, davanti a microfoni e telecamere attraverso la voce del proprio direttore sportivo: «Stiamo facendo delle valutazioni che contemplano l´idea di cambiare allenatore. Ci potrà essere un cambio o uno Zeman-due se tutti si prenderanno le proprie responsabilità, ma se mi chiedete se venerdì ci sarà lui in panchina non vi rispondo». In realtà la dirigenza romanista auspicava di definire la questione già nel pomeriggio di ieri: ma il tecnico ha lasciato Trigoria immediatamente dopo l´allenamento, trincerandosi nell´appartamento al Fleming scortato dal fedelissimo portiere dello stabile. E della partita non avrebbe potuto essere neanche il dg Baldini, a Reggello per questioni familiari.
Si vedranno oggi per un mezzogiorno di fuoco negli uffici di piazzale Dino Viola: l´ultimo confronto, neanche particolarmente caldo, risale alla cena di sabato sera a Bologna. Quando la pancia dei dirigenti spingeva per l´esonero lampo e la testa consigliava prudenza, già si valutavano alternative: quella interna porterebbe a un´autogestione affidata al fedelissimo del club, Aurelio Andreazzoli, già collaboratore tecnico ai tempi di Spalletti, affiancato da uno tra l´ex difensore Zago e l´allenatore degli Allievi Tovalieri. Ma nelle ultime ore ha prevalso il partito di chi auspica una soluzione che possa garantire continuità anche per la prossima stagione: Blanc oppure Rijkaard. La suggestione della prima ora era stato invece un ritorno, ma in panchina, di Panucci: scartato. Il campionato della Roma rischia comunque di essere un capitolo già chiuso quando non è ancora finito gennaio, usurato dalle macerie di tensioni con leader del gruppo come Daniele De Rossi (e estese da Zeman ai rumorosi silenzi nei confronti del papà Alberto, allenatore della Primavera), ma anche a gregari come Stekelenburg e Marquinho. «Noi rifiutiamo l´idea di un limbo, di essere una squadra che non c´è», questo il traino del management all´idea di cambiamento, che sia un nuovo tecnico o uno Zeman-bis. Ipotesi, ogni ora che passa, meno improbabile.