(S. Scacchi) – Agnelli, Moratti, Della Valle e gli americani della Roma: tutti all’opposizione nel governo della Lega Serie A e fuori dal consiglio federale.
La riconferma per altri quattro anni di Maurizio Beretta alla presidenza con 14 voti, il minimo indispensabile, genera una spaccatura storica. Necessarie due catapulte elettorali perché la prima è stata invalidata da una scheda contestata: un presidente aveva scritto Agnelli al posto di Cairo nell’elenco dei consiglieri di Lega, generando confusione anche per la presidenza.
Juventus, Inter, Roma e Fiorentina, il blocco delle “grandi” escluse che finora avevano sostenuto Abodi, ha accolto il verdetto con stupore e rabbia . «Ancora la vecchia mentalità. È indicativo aver lasciato fuori dal Consiglio quattro delle società più importanti d’Italia », commenta Angelomario Moratti. «Questo governo rappresenta solo il 30% del calcio italiano. È figlio di un continuo mercanteggiare », aggiunge Andrea Agnelli.
Molti club pro Abodi sono passati con Beretta (l’ultimo è stato il Siena) e hanno ottenuto cariche: Percassi (Atalanta), De Laurentiis (Napoli), Lo Monaco (Palermo), Pozzo (Udinese) e Guaraldi (Bologna) sono in Consiglio di Lega, Pulvirenti (Catania) in Consiglio federale con Lotito che potrebbe correre per la vicepresidenza della Figc. «È un esordio assoluto quello di Pulvirenti», ironizza Agnelli. Molti ieri facevano notare che il n.1 degli etnei non si era quasi mai visto in Via Rosellini (sul Consiglio di Lega pende anche una possibile incompatibilità di Preziosi).
È la vittoria politica di Galliani e Lotito che dall’inizio avevano contrastato Abodi e non caso ieri in conferenza stampa affiancavano Beretta. «È l’equilibrio che è stato possibile confezionare per non perdere l’appuntamento con le scadenze federali», spiega Beretta che conserverà l’incarico in Unicredit («Quello è il mio lavoro»). Evidente la volontà del blocco guidato da Milan e Lazio di dare una lezione a chi aveva sostenuto Abodi. Galliani, nuovo vicepresidente di Lega, ha manifestato il suo fastidio per il modo in cui, a suo dire, non era stato inizialmente coinvolto da chi spingeva il presidente della Serie B.