La vita di un tecnico è tutta nel suo curriculum. Dal 1999, primo addio alla Roma, al 2011 Zeman è stato in piena attività, eppure in quella lunga parentesi ha accumulato molti fallimenti (ed esoneri), qualche buon piazzamento e un solo trionfo (Pescara) che ha fatto pensare a una sua “resurrezione”. Per anni il diretto interessato ha alimentato la tesi che la sua emarginazione fosse dovuta a Moggi e Giraudo, all’alleanza dei poteri forti contro l’uomo che aveva denunciato il doping. Il che è vero. Ma solo in parte.
C’è poi una parte che Zeman non riconosce e non riconoscerà probabilmente mai, immerso com’è nel culto della sua personalità. In serie A resiste chi studia. Tutti hanno studiato Zeman e capito come si batte; lui non ha studiato nessuno limitandosi alla pedissequa riproposizione della sua aurea teoria: vince chi segna un gol di più ma nel frattempo i colleghi gli hanno dimostrato che si segna un gol di più incassandone uno di meno. Non c’è allenatore di A che non sia capace di spiegarti come si batte Zeman: linee strette e grande collaborazione per evitare i tagli. Peccato che, a sua volta, il boemo sia apparso disinteressato a capire come si possono battere i colleghi.
Fonte: Corriere Dello Sport