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CORRIERE DELLA SERA Mario faccia se stesso

Osvaldo esulta

(M. Sconcerti) – Quindici minuti finali da buona squadra fanno il risultato. L’Italia diventa pericolosa quando Balotelli (ed El Shaarawy) sono già da tempo fuori campo. Questo restituisce equilibrio alle doti di Balotelli, davvero spinto da un vento mediatico travolgente. Forse è il caso di usarlo con più discrezione, non perché non abbia doti, ma perché a livello internazionale le doti dell’avversario contano quanto le tue. Per la stessa ragione occorre trattare stavolta Balotelli come un centravanti caduto nella partita sbagliata. Il suo tempo è stato quello in cui l’Italia ha raramente passato la metà campo.Quando alla fine Gilardino e Osvaldo sembravano visigoti davanti alle porte di Roma, la partita era già svoltata spontaneamente. Questo conferma che la normalità nel calcio è sempre dietro l’angolo. Per intenderci, nessuno è fesso. Né il City che vende Balotelli, né il Milan che lo paga caro.

Esiste una realtà di mezzo che deve svilupparsi. Così Osvaldo e Gilardino, coppia difficile da immaginare però portata avanti dall’inerzia, fanno molto più di Balotelli ed El Shaarawy. Non è stranissimo, chi entra corre contro avversari stancati dagli altri. Ma lancia anche un piccolo allarme sulle dosi del farmaco. Abbiamo veramente usato troppo questi ragazzi, soprattutto Mario. È vero che il calcio è scappare insieme all’attimo, sempre, basta non fare dell’attimo la realtà, ricordarsi che dura appunto un respiro e dopo servono nuove conferme. Credo in sostanza sia giusto chiedere a questo ragazzo di fare se stesso e non Pelè. L’amichevole era tutta qui. È già sbagliato giocare in piena settimana di campionato una partita amichevole, cosa vuoi ti diano seriamente i giocatori? Si chieda Prandelli se è davvero etico farlo, tanto per usare un aggettivo di moda. Ha una sua importanza che il migliore in campo sia stato Buffon, ma anche che a segnare all’ultimo minuto sia stato il ragazzo Verratti. Dentro la partita c’è stata un’Italia in cui tra Pirlo e Balotelli ci sono sempre stati 60 metri. Non c’è stata cioè manovra, nessuna idea di gioco fino alla confusione finale. Non era però nemmeno facile averne. L’avversario era importante e con qualità individuale migliori. Si può continuare a crescere in silenzio.

 

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