Forse a qualcuno sembrerà fin troppo semplice, nella sua desolazione,l’analisi di questo tetro pomeriggio genovese; personalmente, il pomeriggio mi è apparso più indecifrabile dell’espressione di Aurelio Andreazzoli, profilo da statua dell’Isola di Pasqua e parole centellinate anche quando la panca impazzisce per goal non convalidato o per il rigore concesso e…E? Qui sarebbe meglio non sapere o non aver capito, perché nel momento in cui scrivo mancano ancora alcune conferme e speriamo ancora in una serie di precisazioni che ci aiutino perlomeno a far rientrare la costernazione per aver visto Osvaldo andare sul dischetto al posto del CAPITANO, maiuscola non solo l’iniziale perché dignità e costanza giganteggiano sempre di più in mezzo a tutto ciò che si decifra a fatica.
DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci
L’inizio era stato un piccolo, illusorio sussulto, senza che ancora si riuscisse a decifrare il modulo, al di là della disposizione della squadra in campo; più di un cronista e di un bordocampista utilizzano l’aggettivo “reattiva” per descrivere la Roma dei primi minuti; declinandolo al maschile lo utilizzano anche per Stekelenburg, che purtroppo col trascorrere dei minuti la tramontana che spazza Marassi trasforma in una specie di statua di ghiaccio, perlomeno in occasione del secondo e del terzo goal dei doriani, come se lo spettro di Goicoechea si fosse travestito da fotografo e si fosse sistemato dietro la porta di una Roma che col trascorrere dei minuti si siede sull’incertezza di una manovra poco compresa e ancora peggio interpretata, con le eccezioni di Lamela, di Florenzi dal momento in cui subentra e di Pjanic che parte da un quantum tecnico superiore alla media. Totti è un’altra cosa dunque non lo facciamo neppure rientrare nel giudizio complessivo, lasciateci ancora una volta sottolineare la parola dignità, quella soltanto.
Di un altro spettro che aleggia a Marassi non diremo, perché dopo la zeta l’alfabeto è finito e gli alibi pure, visto che con la guida tecnica di Andreazzoli si è inaugurata l’epoca in cui ognuno viene restituito al suo ruolo, alle sue competenze e alla sua specificità di giocatore, come dicono quelli bravi. Il fatto è che proprio oggi in più di un caso si son visti i limiti di giocatori che abbiamo sopravvalutato, aspettato, coccolato e giustificato, a volte spendendo aggettivi del tutto ingiustificati.
Alla fine, come impressione personale, resta l’immagine di Delio Rossi che con sguardo ironico rimprovera Andreazzoli, quasi con aria paterna.
Alla fine delle nostre chiacchiere, di partita in partita più inutili, il tabellino recita Sampdoria 3 – Roma 1, con Totti che ricorda a tutti cosa sia lo spirito di appartenenza, pure nella rabbia e nella frustrazione.
Stavolta chi paga, tra quelli che non pagano mai?
Paolo Marcacci