(A. Pugliese) – «Dobbiamo crederci, siamo forti. Pensiamo partita dopo partita, ma niente ci è precluso. Per riuscirci, però, dobbiamo ritrovare subito entusiasmo e compattezza. Non esistono più alibi, ora tocca a voi». Nel primo giorno del suo laboratorio tattico, Aurelio Andreazzoli è partito proprio da queste parole. Rivolte alla squadra, quasi a ranghi completi (ieri si sono riaggregati 9 degli 11 nazionali, oggi toccherà a Bradley e Piris). Un discorso motivazionale («Mi fido di voi e sono certo che vi fiderete di me, ogni scelta sarà sempre spiegata»), volto a dare al gruppo fiducia, responsabilità e autostima (oggi parleranno alla squadra Baldini e Sabatini). Dopodiché, si è cominciato a lavorare sulla tattica, con la difesa a 4 che sembra il primo punto fermo. Oggi, forse, si capirà qualcosa in più. Intanto, spulciando nell’archivio del Settore Tecnico della Figc spunta un numero del «notiziario» del 2000 dove è pubblicata la tesi con cui il nuovo tecnico della Roma ha superato il corso Master di Coverciano: «La difesa a zona nelle situazioni di palla inattiva». Era il 1998-99, ma Andreazzoli aveva la testa già proiettata al futuro, visto che da lì a seguire proprio le palle inattive arriveranno ad oscillare tra il 30 e 40% dei gol totale in Serie A, con un range tra le 10 e le 25 occasioni potenziali nate da angoli, rimesse laterali e punizioni in zona d’attacco.
LA SCELTA – Qui, però, Andreazzoli studia soprattutto come difendersi dagli attacchi avversari, cosa che in questo momento alla Roma serve come il pane, visto che ha la seconda peggiore difesa di tutta la Serie A (peggio finora ha fatto solo il Pescara). E la scelta, contro i giochi da fermo, è la zona totale. Dei vari schemi pubblicati nello studio di Andreazzoli ne abbiamo scelti tre: il primo è la difesa su calcio d’angolo avversario, il secondo contro una punizione laterale, con lo sviluppo consequenziale (campetto numero tre) e la trasformazione da fase difensiva in offensiva. Tutti e tre gli schemi basati su tre variabili: pallone, spazio e tempo, con il coinvolgimento diretto di tutti gli 11 giocatori.
GLI SCHEMI – Nel campetto n.1, quindi, la difesa a zona su calcio d’angolo. Il giocatore n.4 deve preoccuparsi di non far entrare la palla veloce e contrastare le «spizzate» sul primo palo, il 7 si deve occupare della battuta in coppia, l’11 del tiro da fuori dopo le ribattute. 2 e 5 della copertura al portiere (1) sulle traiettorie veloci, mentre 5, 6, 8 e 9 devono essere i giocatori più coraggiosi, dotati di chili e centimetri, per difendere la zona più pericolosa e più soggetta ad attacchi (il 3 copre il secondo palo, il 10 è il «tattico», curando la copertura lontana su rimbalzi o deviazioni). Il campetto n.2. e il n.3 sono invece collegati: nel n.2 si difende con densità su una punizione laterale, cercando poi di sfruttare il campo in ampiezza e profondità. Nella fattispecie, nel n.2 il portiere recupera palla (finché non ne entra in possesso, la squadra resta raccolta intorno a lui per proteggerlo da eventuali errori). Con il pallone in mano, poi, cerca dalla parte opposta il n.11 (che nel frattempo avrà provveduto allo smarcamento), che poi appoggerà al 10. Quest’ultimo avrà quindi tre opzioni: o giocare l’uno-due ancora con l’11, lanciare centralmente per l’8 o ribaltare il gioco a sinistra per il 9. Soluzioni che vedremo già a Genova? Forse, basta aspettare domenica per capirlo.