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GAZZETTA DELLO SPORT Modulo, giocatori, dialogo: la Roma è “dezemanizzata”

Andreazzoli

(M.Cecchini) – Ora che il ventre di Trigoria è tornato caldo e persino un po’ sazio, le conversazioni anonime su Zeman hanno il sapore agrodolce di un 25 aprile calcistico: una liberazione. Se sia più o meno elegante ciò che adesso appare una via di mezzo tra un mea culpa e una demonizzazione, lasciamo che sia il futuro prossimo a raccontarlo. Di certo, però, c’è che la più grave crisi finora affrontata dalla Roma americana è stata risolta in modo drastico, ovvero con una dezemanizzazione in 5 mosse quasi brutale.

1) CAMBIO DEL MODULO  La mutazione più evidente. Addio al 4-3-3, e soprattutto apertura piena alla difesa a tre, confermata nonostante la lunga assenza di Castan. Per il resto, niente più dogma, niente più assalto forzato, ma un modulo e un atteggiamento che possano cambiare di partita in partita.

2) GERARCHIE RIBALTATE Sia pure in forme diverse, alcuni dei fedelissimi del boemo sono stati accantonati. Goicoechea e Tachtsidis su tutti, ma anche Florenzi e Bradley hanno per adesso perduto il posto da titolare. Insomma, con Aurelio Andreazzoli in panchina, c’è stato esplicitamente il riaffidarsi a Stekelenburg, Burdisso, De Rossi e Pjanic. Il tutto, ovvio, senza clima da epurazioni.

3) ALLENAMENTI DIVERSI  Anche sul piano del lavoro, sono state definitivamente accantonate le doppie sedute, puntando più sulla qualità che sulla quantità degli allenamenti.

4) DIALOGO COL GRUPPO  Sfruttando la sua ormai lunga permanenza alla Roma, il nuovo tecnico ha puntato sulla fiducia e sul dialogo con i giocatori, molti dei quali conosceva appunto da anni. E questi colloqui sono stati fondamentali per la rinascita dell’autostima.

5) RAPPORTO CON I DIRIGENTI  Un punto strettamente connesso al primo e secondo. Anche se sarebbe assai improprio parlare di gestione collegiale, di certo tra le stanze tecniche e quelle dirigenziali non ci sono steccati. Tutto sommato, in mancanza di un ideologico Verbo di base, il colloquio fra le parti non sorprende nessuno.

LA VERITA’ DI ANDREAZZOLI Con queste premesse, ecco pillole delle sensazioni del nuovo tecnico colte ieri a Coverciano, dove ha applaudito e poi salutato Zeman. «Io credo nei sogni. Senza, non si va da nessuna parte, ma la vittoria con la Juve non deve essere una resurrezione, bensì una base per ricostruire qualcosa. Il mio è un gruppo di lavoro stupendo. Non ho mai dovuto puntualizzare nulla; ho inserito delle regole, senza avere problemi nell’applicarle. Se ci sono stati dei problemi, come quello del rigore di Genova, si risolve prima davanti a tutti, poi tra di noi». Poi Andreazzoli punta ancora su De Rossi. «Ha ampi margini di miglioramento. Con la Juventus è stato bravo, ha giocato bene. Ha dato il massimo di quello che può dare in questo momento. Non penso che il dualismo con Tachtsidis lo abbia fiaccato. Può darsi che l’abbia disturbato, però sono momenti passati. Daniele deve mettersi dietro le spalle ciò che è successo e impegnarsi per far vedere ciò di cui è capace. Lui è stato tra i pochi centrocampisti al mondo che potevano dirsi “migliori”: ci ritornerà sicuramente. Non ci sarà nessuna difficoltà perché lui torni ad essere al top. Totti? Di lui posso dire solo cose bellissime. Francesco è sempre un esempio per gli altri pur restando dietro le quinte. Eppure potrebbe stare tre passi davanti a tutti. Adesso, però, meglio pensare all’Atalanta, sfruttando l’onda positiva». Titoli di coda sui rapporti subito spinosi con l’informazione dopo il caso Osvaldo e il rigore. In sintesi:«Nulla di ciò che emerso è vero». Come dire, tutta colpa dei giornalisti. Ovvero, il più grande segno di continuità a Trigoria da vent’anni a questa parte.

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