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GAZZETTA DELLO SPORT StraTotti

Totti e Osvaldo

(L. Garlando) – Un meraviglioso lampo di Francesco Tottigetta nuova luce sul campionato. Sconfitta dalla Roma (1-0), la Juve concede al Napoli l’occasione di riportarsi oggi a -2 e di pianificare l’operazione sorpasso per il primo marzo al San Paolo. La capolista ha pagato la battaglia di Glasgow che ha saccheggiato energie fisiche e nervose. Siccome le era già successo dopo l’impresa sul Chelsea, quando cadde a San Siro, contro il Milan, mostrando la peggiore versione di sè, la concorrenza può convincersi che la Champions sia un alleato prezioso. Non basta uno scivolone a riscrivere le gerarchie. La Juve resta la più forte e la favorita. Però il brutale cambiamento in pochi giorni, tra la squadra che ha espugnato il Celtic Park e questa che ha ridato il sorriso a una Roma depressa fa riflettere. Tanti eroi di martedì (Pirlo, Vidal, Vucinic, Matri) sono apparsi irriconoscibili. L’armata del 3-0 a Glasgow non ha costruito una sola palla gol, a parte una punizione di Pirlo, contro una difesa bucata 45 volte. Il risultato non è tutto figlio della colpa. Ci stanno anche i meriti della Roma. Sognare è bello, ma spesso è il buon senso a darti la felicità. Lo ha insegnato Andreazzoli riequilibrando la folle squadra di Zeman che ha troppa qualità per stare dove sta. E poi Totti. Quel destro al volo a 113 km/h è una Treccani del calcio. C’è dentro tutto: coordinazione, potenza, precisione, tecnica di tiro…un lampo di bellezza alle spalle dell’amico Buffon.

ROMA CHIUSA La Roma dopo Zeman è una squadra disegnata sull’avversario, come il Boemo non avrebbe mai accettato di fare neppure sotto tortura. Nel 3-4-2-1, Lamela, uno dei due camerieri di Osvaldo, si preoccupa di disturbare l’impostazione di Pirlo. De Rossi sta a sinistra per battere in faccia a Vidal che, in assenza dello squalificato Marchisio, è il primo incursore scelto. Torosidis e Marquinho, larghi, fanno soprattutto i terzini su Asamoah e Lichtsteiner. Immaginiamo i crampi allo stomaco del povero Zeman e le tracannate di Maalox davanti alla sua creatura rattrappita così, con la difesa spalmata a 5 spesso e volentieri. Ma siccome questa Roma ha già preso 45 gol, perso 10 partite e viene da 2 punti in 6 gare va riconosciuto ad Andreazzoli il legittimo istinto di difendersi. Mezzo campionato fa, allo Stadium, il Maalox lo tracannavano i tifosi davanti ai bianconeri che assaltavano in massa la difesa giallorossa, senza ostacoli, come casalinghe il primo giorno dei saldi.

JUVE LENTA  La Roma post-Zeman consegna il pallino all’avversario senza vergogna, preoccupandosi prima di tutto di arginarlo e poi magari di spendere una ripartenza buona. La Juve ringrazia e fa la partita, spingendo soprattutto a destra dove Lichtsteiner trova in Marquinho uno scoglio di burro. Ma al di là del possesso la Juve costruisce pochino, perché il ritmo di circolazione e di movimento è troppo basso. A difesa schierata, si sa, Vucinic, miglior apriscatole di bottega, diventa essenziale, ma il montenegrino è in una di quelle sue proverbiali giornate da anima in pigiama. Così svogliato e lento da mettere sonno. Matri raccoglie fuorigioco come fossero margherite. Resterebbe Pirlo, ma sente la mancanza del suo terminale preferito: Marchisio. Pogba e Vidal, pigri anche loro, non attaccano mai l’area. E così tutto si risolve nei cross alla spera-in-Dio del voglioso Lichtsteiner. E l’unica vera palla-gol è una punizione di Pirlo che Stekelenburg scrosta dall’angolino.

SVENTOLA TOTTI  Durante il quarto d’ora del tè, la Roma si convince che il momento merita prudenza, la capolista rispetto, ma una Juve così mogia capita raramente. E, soprattutto, usare la classe di Totti, Lamela e Osvaldo solo per difendersi è come mettersi il frac per andare a comprare il pane. E così i giallorossi alzano subito ritmo e baricentro. Buffon comincia a lavorare sodo. Conte intuisce che si mette male e dà la frustata: fuori l’indisponente Vucinic (Giovinco) e il latitante Asamoah (Padoin). Ma due minuti dopo i cambi, la frustata vera la piazza Totti: meravigliosa, all’incrocio (13′). Altro cambio punitivo: fuori l’irriconoscibile Vidal (Anelka, debutto in A) e assalto col 4-3-3. Ma non è notte da Juve, che nelle ripresa viene tradita anche da Pirlo e non riesce a costruire lo straccio di una palla-gol. La Roma, euforica, si allunga a stuzzicare il contropiede e chiude in gloria. Non batteva la Juve in casa da 9 anni (4-0). Quel giorno di febbraio del 2004, Totti sventolò a Tudor 4 dita che la Juve non ha mai dimenticato. Ricorderà a lungo anche la sventola all’incrocio che ha complicato il suo piano scudetto.

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