(T. Cagnucci) – È stata una traiettoria, e c’erano tante possibilità che finisse fuori, a lato, alta, sul fondo; è stata una parabola, e c’è stato tutto il tempo per accompagnarla, pregarla, bestemmiarla, tifarla; ma quel colpo di testa è stata soprattutto una decisione di Dio; perché doveva andare così, non poteva che andare così, anche stavolta non poteva andare diversamente. Sotto un manto di neve Roma bella m’appare e appare a tutti così, come dentro alla più delicata cartolina di Natale, spedita direttamente da questo campo di battaglia di Bergamo dove lottare è naturale, dove devi avere le palle più che le ali per volare.
O un uomo che danza sul ghiaccio in frac a petto leggermente in fuori, giusto per segnare la differenza dagli altri pedatori, e per segnare coi guanti neri da sera per un intervento chirurgico, una punizione alla Zico col pallone che sparisce tra Copacabana e la Val Brembana. Mira Pjanic. Mira. Poi è gol. Il primo caso di rete invisibile nella storia del calcio. Poi j’hanno cambiato pure il pallone, come fanno i ragazzini che rosicano quando stanno a perde’, ma alla fine la Roma ha vinto comunque. Perché è stato deciso non solo da Dio ma anche dagli uomini, da tutti gli uomini in terra di buona volontà che giocano per la Roma e per un allenatore. Si chiama Andreazzoli Aurelio, da Massa Carrara, terra d’amore e d’Anarchia in giornate elettorali, tecnico che emana calore sotto il gelo: un uomo che non è solo al comando perché manda i baci ai suoi giocatori e li abbraccia prima di mandarli in campo, come a dirgli: “va’ e ama la Roma”.
In fondo è la cosa più bella del mondo. Mi sa che Spalletti era la sua controfigura. Allo Zenit speriamo ci finisca questa Roma. Il punto massimo dell’orizzonte (cioè un posto Champions e la Coppa Italia contro quelli). I segnali sono belli: a casa della Dea non poteva che decidere l’uomo venuto dall’Olimpo. È la sintesi fra cielo e terra, è una palombella. Un’incornata da Torosidis buona per una battuta (“com’è ’sto go? greco”) nella giornata dell’anniversario dell’addio di Alberto Sordi. Il bacio di Andreazzoli va a lui e a chiunque contribuisca a fare grande Roma, che sotto un manto di neve bella m’appare. Ma che persino più bella è.